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Giardino della valle (CO)

by in Arte e cultura, Italia inconsueta, Piante, giardini, parchi

 

Vedere un bel posto profanato dalle immondizie suscita ira e tristezza. Eppure, questo stato d’animo  nella maggior parte dei casi non è abbastanza forte da provocare un’azione contraria. Anzi, addirittura molte persone finiscono con l’accrescere l’offesa, ritenendo ciò che altri hanno iniziato, una giustificazione  alla passività o al proprio contributo negativo. Se ribellarsi è faticoso, farlo in positivo è doppiamente difficile. Una sola persona su tantissime sa trarre dalla frustrazione una forza capace di sovvertire le cose e portare qualità della vita dove c’era il contrario.

A Cernobbio, raffinata, elegante e piccola città sul lago di Como, un torrente che si era ritrovato a far da confine fra il parco di uno dei più begli alberghi d’Italia e il centro abitato, era stato ridotto ad una discarica. Negli anni ’80, Pupa Frati, vedendolo tutti i giorni nell’andare a casa, se ne sentiva tanto indignata da chiedere l’autorizzazione al Comune per ripulire a sue spese quella piccola valle. Voleva trasformarla nel giardino di cui intuiva la vocazione, nascosta sotto i rovi e la spazzatura.

Altre donne si sono unite poi a lei per aiutarla e, un po’ alla volta, una pianta dopo l’altra, il giardino si è formato, con sentieri e passaggi fra gli alberi che sono cresciuti in fretta, chiudendo piccole stanze verdi intorno alle radure. Quando si entra dal minuscolo cancello a monte, ci si trova subito circondati dallo spirito libero del verde su cui il controllo è ridotto all’essenziale. Il suono dell’acqua che scorre sulle pietre del torrente, l’umidità profumata del fogliame fitto sopra, sotto e intorno al sentiero appena accennato, danno il senso di intimità che si può trovare ben raramente in un giardino aperto al pubblico.

C’è qualche panchina, per sedersi con calma a contemplare la volta disegnata dalle foglie. Si scende più a valle, sfiorati alle gambe dalla lonicera nitida, alle braccia dal calicanto. Il solco scavato dall’acqua, quando ancora certo era abbondante, ha lasciato una forma adatta ad accogliere. Bisogna fermarsi presto, perché pochi passi portano fuori dall’abbraccio verde; le piante si diradano, gli alberi si fanno più piccoli, l’acqua sparisce. Le pietre del torrente sono asciutte e non ci si può immaginare che solo venti metri più su, canti ancora. Si vedono i muri di confine, si sentono i rumori degli automezzi. Si esce sulla strada secondaria si vede il parco dell’albergo, tutte le recinzioni, i cancelli, i divieti. Il dominio dell’uomo, insomma.

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