Chi sta dentro e chi sta fuori
Le persone che si trovano all’interno di un sistema, soprattutto se ci sono sempre state, fanno spesso molta fatica ad immaginarsi le condizioni di chi ne è al di fuori. Forse non si pongono neppure il problema, perché è difficile anche immaginare, ciò che non si conosce.
Chi ha fatto studi di un certo tipo, poi ha lavorato nel settore che vi corrisponde, anche se svolge il suo lavoro bene, tende ad usare un linguaggio, un tipo di comunicazione e soluzioni adatte solo a chi si trova all’interno o attorno a quel settore. Ha magari la sensazione di essere estremamente aperto perché, comunque, in ogni cerchia ci sono persone, informazioni, stimoli che arrivano. Vengono, però, sempre dalla stessa parte.
Per chi, invece, appartiene ad un altro settore, le porte sono chiuse, senza che ce ne sia vera consapevolezza. Questo finisce, non solo col rendere poco accessibile la conoscenza del tema al di fuori del proprio ambiente, ma anche col soffocarlo, nel tempo, perché impermeabile a punti di vista e apporti che lo rinnovino.
Nella cultura, che dovrebbe far evolvere, rendere capaci di collaborare, di elevarsi spiritualmente, un simile comportamento è molto negativo.
Si può paragonare chi è all’interno di un sistema, ad un automobilista che parte da Palermo per andare a Milano, prendendo l’autostrada. Se la imbocca nel senso giusto e la segue senza uscire e fare deviazioni per strada secondarie, arriva presto a destinazione. Trova le indicazioni più o meno corrette e, nonostante qualche inevitabile difficoltà, ci riesce. In questo modo, però, capisce ben poco di tutto ciò che si trova al di fuori di quell’itinerario.
Se, invece, parte da un paese lontano dalle rotte comuni, deve compiere una notevole fatica a trovare l’autostrada, anzitutto perché le indicazioni stradali sono confuse e mal messe. Se addirittura vuole prendere vie nuove per capire meglio il senso del percorso fino a Milano, ci deve mettere moltissimo tempo ed impegno. Arriva a destinazione ben più tardi dell’altro, ma si rende conto di molte più cose.
Un mondo degno di essere chiamato civile, dovrebbe conciliare entrambe le modalità per ottenere i risultati che si prefigge. Questo vale in particolar modo per l’epoca attuale, con una popolazione tanto numerosa da influire fortemente, anche solo per questo, sull’andamento del mondo. E’ indispensabile che le persone possano educarsi, per poter vivere bene ed evitare di tagliare il ramo su cui stanno sedute.
Porto ad esempio le biblioteche, luoghi meravigliosi che potrebbero avere un ruolo molto più importante per alzare il livello culturale della comunità, senza aumentare il numero dei libri che possiedono. Hanno un’impostazione valida soprattutto per i frequentatori abituali e per chi, entrando, conosce già l’argomento, gli autori, i titoli dei libri che cerca. Se vuole spaziare e scoprire cose di cui non è a conoscenza, dovrà passare tantissime ore ad esplorare palmo palmo gli scaffali ed i cataloghi, o trovare qualcuno dalla cultura molto sfaccettata che lo indirizzi con pazienza. Per usufruire davvero del patrimonio di una biblioteca, occorrerebbero almeno altri sistemi di catalogazione, da affiancare a quello principale. Inoltre, andrebbe come minimo messa un’insegna ben evidente dalla strada, così che anche chi è di passaggio e chi non conosce neppure l’esistenza di un luogo simile e delle sue opportunità, possa essere invogliato ad entrarci. In tutta l’Italia, non c’è quasi mai altro che una targa, visibile solo a chi è già vicino all’ingresso, perciò destinata solo ai visitatori abituali.
Eppure è stato provato che l’innalzamento della cultura nei cittadini, fa diminuire le spese sociali, quelle per l’ordine pubblico e per il danneggiamento dei beni comuni. I risultati hanno bisogno di tempo per manifestarsi, come per qualsiasi buon progetto.