Cane santo
Nel tredicesimo secolo, al tempo dei cavalieri e dei tornei, in un castello francese c’era un levriero a cui il nobile padrone dava molta fiducia. L’eleganza dell’aspetto, la bravura nella corsa, l’aiuto nella caccia aveva fatto prediligere la sua razza da parte dei signori di ogni tempo ed era facile trovarne anche la figura scolpita in marmo. Lui ne era un degno rappresentante.
Un giorno, al suo rientro, il castellano aveva trovato il cane col muso insanguinato, nella stanza dove la culla vuota del figlioletto neonato ed un gran disordine, gli avevano fatto credere il peggio. Immaginando che l’animale glie l’avesse ucciso e mangiato, per essersi ammalato di rabbia, lo aveva decapitato all’istante. Solo allora, si era accorto che il piccolo era incolume, mentre un pericoloso serpente smembrato, appariva come il vero responsabile del putiferio.
Terribilmente addolorato per avere così mal ripagato il fedele cane, a cui doveva la salvezza del figlio, il cavaliere l’aveva seppellito con tutti gli onori. Sulla sua tomba aveva piantato degli alberi e, da allora, in quel luogo erano arrivate molte madri a chiedere grazie per i propri figli malati. Le miracolose guarigioni che erano avvenute in risposta alle preghiere, avevano fatto proclamare santo il cane Guinefort. Forse, però, quel nome apparteneva ad un uomo di cui la chiesa aveva voluto sovrapporre il culto, per evitare l’imbarazzante situazione di avere quell’unico animale nel calendario celeste. Solo nel novecento è stato tolto, anche se ne sopravvive il ricordo in un’associazione che tutela il patrimonio storico e culturale di Châtillon-sur-Chalaronne.