Prova a incastrarmi
Il film di Sidney Lumet (con Vin Diesel), del 2006, si basa sugli atti del processo più lungo e straordinario d’America, avvenuto tra il 1987 e l’88, durato ben 21 mesi, contro 19 presunti mafiosi a piede libero e uno solo, Jack Dee Di Norscio già condannato a 30 anni di carcere. Deluso dall’incapacità del suo avvocato, decide di difendersi da solo, rifiutando di patteggiare per ottenere una riduzione della sua detenzione, in cambio della testimonianza contro i propri amici e colleghi imputati. Ha frequentato solo la scuola elementare, ma ha grandi doti di attore e un acume che compensano questa deficienza.
Il film dimostra come la nostra capacità di giudizio obbiettivo sia fortemente compromessa da due aspetti che di per sé sono positivi, ma possono diventare negativi se si manifestano in circostanze molto inconsuete. Il primo fattore è la simpatia: Jack, noto trafficante di droga, è simpatico, spiritoso, brillante, nonostante la sua ignoranza. E’ ben difficile rimanergli ostile se ci diverte, ci fa sorridere, alleggerisce la pesantezza dell’ambiente in cui ci troviamo. Il secondo fattore è la coerenza: Jack è straordinariamente capace di empatia, di lealtà, di onestà verso i propri amici e famigliari dunque ci appare impossibile che possa commettere dei crimini e mentire spudoratamente ai giudici e alla giuria. Eppure ci sono persone capaci di separare completamente il proprio tornaconto dai sentimenti e dunque capaci di fare molto male a degli sconosciuti e di sacrificarsi invece per coloro che amano. Dato che nessuno dei giurati aveva assistito ai crimini commessi da Jack e dagli altri numerosi imputati del processo, come potevano essere sicuri che fossero colpevoli, nonostante le prove e le testimonianze in quel senso?