I miei articoli

Koelreuteria paniculata e Melià azedarach, alberi ornamentali

by 5 Novembre 2024

fiori e foglie della Melià azedarach

 

Ci sono parchi pubblici dove hanno dimora da anni due alberi esotici ancora non molto diffusi, ma che potrebbero essere ammirati in futuro nel proprio giardino per il tipo di fogliame, i fiori e i frutti ornamentali che rimangono sui rami anche in inverno.

La Koelreuteria paniculata, di origine cinese e coreana, viene chiamata comunemente “albero delle lanterne cinesi” perché i grandi ciuffi di fiori gialli di cui si orna a giugno, dopo la fecondazione diventano leggere capsule a forma di piramide con tre facce, di consistenza cartacea, lunghe fino a cinque centimetri e di colore verde, che in autunno prendono la tinta e la lucentezza del rame. Le foglie pennate si fanno gialle prima di cadere. Il suo volume ridotto regge bene il vento, che trasporta facilmente i “petali” dei frutti, di cui ciascuno porta ben aggrappato un seme, che in questo modo può volare lontano.

 

frutti della koelreuteria

 

La Melià azedarach, di origine indiana e cinese, cresce rapidamente e resiste bene alla siccità e all’inquinamento, al vento e al freddo. A primavera tra il fogliame pennato porta piccoli fiori lilla molto belli, che diventano frutti simili a biglie verdi e poi gialle, persistenti sui rami anche in inverno, quando resta spoglio. I noccioli al loro interno, in passato venivano usati come grani per rosari, da cui deriva il nome di “albero dei rosari”. Alla bellezza e alla resistenza e all’adattabilità di questa pianta si affianca l’inconveniente della sua tossicità, che però la rende immune da tanti parassiti. Sopporta male le potature e vi si ribella con ricacci di polloni dalle radici e sul fusto, come il tiglio. Quando i suoi frutti cadono, imbrattano il suolo. Questo albero è parente del sempreverde Neem, preziosissimo nei Paesi tropicali afflitti dalla siccità, dove offre riparo dal caldo con l’ombra e benefici contro tante malattie, proprio con il veleno usato con maestria.

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Parco dei tassodi a Paratico (BS)

by 23 Ottobre 2024

 

Dove il lago d’Iseo si restringe nel fiume Oglio, un ponte collega Sarnico (BG) a Paratico (BS), il comune che ha avvicinato idealmente l’Italia con la Luisiana e la Florida, perché è proprio in quel punto che ha trasformato un tratto paludoso di due ettari nel suggestivo regno degli alberi americani chiamati tassodi capaci di prosperare, al pari delle mangrovie, proprio dove la maggior parte degli altri morirebbe. Appena si inizia a percorrere il boschetto dove dimorano fin dal 1890, sembra di entrare in una storia accaduta in America, durante la guerra di secessione. In quell’epoca il contadino Newton Knight si rifugiò con altri fuggiaschi nelle paludi dove questi alberi seppero proteggere più efficacemente e ben più pacificamente di qualsiasi arma, coloro che si erano ribellati alla logica della guerra. Da una parte perché crescono nell’acqua, dall’altra perché dalle loro radici spuntano tanti sottili coni legnosi che servono per portare ossigeno in profondità, diventando però anche innumerevoli trappole per piedi inesperti che cerchino di camminarvi sopra. Quei fuggiaschi poterono resistere lì fino alla fine della guerra e in seguito lottarono per i diritti civili che venivano troppo spesso ignorati.

                                                        foglioline di tassodio a dicembre

 

Camminando in sicurezza sulla passerella che serpeggia fra questi alberi esotici, i visitatori adesso vedono in acqua i pinnacoli di legno chiamati pneumatofori, mentre le chiome leggere e vaporose di un verde molto chiaro creano un’ombra leggera fino a tutto novembre, quando diventano di un intenso rosso ruggine prima di cadere a terra e lasciare nudi i rami sottili. Il nome scientifico di questa specie è Taxodium disticum, che in italiano diventa tassodi, perché parenti dei tassi, o cipressi calvi, perché i frutti legnosi, detti galbuli, somigliano vagamente a quelli dei cipressi.

La storia a cui ho fatto riferimento si può seguire nel film Free State of Jones, del 2016.

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Il Parco Kennedy di Vercelli – la chiesa di tutti

by 13 Ottobre 2024

Vercelli, grandi alberi e grandi chiese

 

Quando intorno al 1860, con l’Unità d’Italia si costruì a Vercelli la stazione ferroviaria, erano in tanti a sostare nelle sue vicinanze per veder arrivare e partire i treni, che allora andavano a vapore e suscitavano meraviglia. Le ormai inutili mura di difesa medievali di tante città venivano abbattute per lasciar posto ai viali e facilitare gli spostamenti. Così era avvenuto da tempo anche qui, dove il fossato che ne seguiva il percorso era stato colmato dappertutto fuorché nel tratto vicino alla basilica di Sant’Andrea e alla stazione. Perché allora non realizzare un giardino e offrire una ben gradita ombra in estate a chi arrivava in città col treno? Furono messi a dimora soprattutto i più grandi, resistenti e begli alberi, dunque i platani e i bagolari ma anche le liquidambar originarie degli Stati Uniti, dalle belle foglie a forma di stelle che in autunno si colorano di giallo, di arancione, di rosso e persino di viola, superando in bellezza quelle grandi e coriacee dei platani e quelle seghettate dei bagolari.

 

imponenti liquidambar del parco Kennedy

 

Sono gli alberi più numerosi del parco Kennedy e in centosessant’anni la circonferenza dei fusti ha raggiunto i cinque metri, con l’altezza intorno ai trenta. E come le tante torrette e campanili di Vercelli fanno riconoscere da lontano ai viaggiatori questa città, le alte chiome degli alberi annunciano il provvidenziale riparo e nutrimento agli uccelli, che nella grande pianura delle risaie non si vede spesso. Qui trovano insetti, piccoli semi e in autunno anche le ciliegine nere e dolci dei bagolari. E così, in questa chiesa arborea aperta a tutti e in tutte le ore, passa l’umanità sempre in affanno e per un po’ se ne dimentica, guardando il soffitto di foglie a forma di stelle, come il cielo di un presepe.

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Confidare o no i dispiaceri?

by 6 Ottobre 2024

 

Quando si soffre per problemi esistenziali o di altro tipo, confidarsi con qualcuno fa bene, perché esprimere con le parole il proprio cruccio lo fa definire meglio, aiuta a capirlo e, di conseguenza a gestirlo. Usare le parole giuste è spesso difficile, ma è importante cercarle e affinarle fino a trovare quelle più adatte, perché nell’impresa si comincia a fare qualche progresso nell’elaborazione. Sono importanti anche per dare delle spiegazioni a chi ci è vicino, perché in caso contrario il proprio comportamento cupo o spigoloso può essere interpretato come malevolenza o cattivo carattere. Nascondere nel fondo di sé ciò che fa soffrire è controproducente e prima o poi si manifesta in modo improprio, magari riversandosi su qualcuno del tutto incolpevole. Naturalmente va evitato anche di opprimere gli altri con una valanga di negatività e il senso della misura deve essere sempre presente.

Chi si confida di solito non si aspetta un intervento risolutore da parte di chi ascolta, perché quasi mai questo è in grado di farlo. Desidera invece sentire solidarietà, magari del tutto silenziosa ma empatica. Purtroppo chi raccoglie la confidenza, a volte manca di tatto e dice cose che irritano, invece di lenire. Inoltre spesso ritiene sia suo dovere dare consigli, senza rendersi conto che potrebbero forse essere buoni per se stessi, ma quasi mai lo sono per chi si è confidato. Addirittura le raccomandazioni rischiano di assomigliare a delle ingiunzioni e nella foga di rendersi utili vengono fatte come se l’interlocutore fosse un incapace. Tanti passi ovvi sono già stati compiuti o lo saranno di sicuro da parte di una persona intelligente e sentirseli raccomandare è oltremodo irritante e offensivo. Se si ribella, come quasi certamente avviene, si sente però accusare di essere una persona impossibile, che si merita di soffrire. Così avviene una lite e facilmente una rottura dei rapporti.

 

In questo tipo di situazione il “consigliere” che desidera sentirsi utile, si sente frustrato e a sua volta offeso, senza accorgersi di essere stato invadente e inopportuno. Se si vuole essere d’aiuto a qualcuno che soffre, tutt’al più si possono dare informazioni tenendo conto della cultura, dell’età e della sensibilità del destinatario e nel darle è bene ipotizzare che ne sia già in possesso. Solo se si è veri esperti in una certa materia e chi si confida chiede esplicitamente un consiglio, è utile e opportuno darlo, altrimenti si aggrava la sofferenza. Tutti soffriamo ma se con delicatezza siamo solidali, ciascuno riesce a superare le difficoltà con le proprie forze e con le proprie modalità.

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Possiamo sbagliare un po’ meno?

by 28 Settembre 2024

 

Quante volte si finisce col litigare perché uno o ciascuno degli interlocutori, ode l’altro senza dargli retta? Questo perché in simili casi il giudizio su ciò che una persona sta dicendo, è già stato inconsapevolmente formulato da chi dovrebbe ascoltarlo, prima che il contenuto sia espresso per intero. In questo modo anche per le più chiare spiegazioni è difficilissimo farsi comprendere. Lo stesso succede alle parole scritte, che troppo spesso vengono lette frettolosamente una volta sola e rischiano di essere fraintese. Succede in molte occasioni, ma ancora più di frequente quando l’argomento è spinoso, suscita forti emozioni e comporta una responsabilità da assumere. Ben pochi accettano le proprie responsabilità, prima di tutto perché le confondono con le colpe. E’ invece importante distinguere le une dalle altre, perché la responsabilità è consapevole che tutti sbagliamo spesso e apre verso delle soluzioni, mentre la colpa condanna e chiude le vie d’uscita. Le persone più rigide, che danno giudizi drastici, sono quelle che meno colgono le differenze. Anche quelle aperte e disponibili, però, possono essere rigide su certi aspetti. Proprio perché sanno che le sfumature distinguono un valore da un altro, fanno fatica a cogliere delle soluzioni a portata di mano, se non sono espresse correttamente e perciò sembrano sbagliate. Come fare?

Ricordiamoci che le emozioni possono farci letteralmente perdere la testa e farci diventare incapaci di gestire le situazioni più semplici. Prendere abitudini mentali che aiutano a prevenire malintesi e liti è fondamentale e in questa pagina ce ne sono due fra quelle che chiamo “formule magiche” perché sono davvero molto efficaci.

 

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L’enigma di Einstein

by 15 Settembre 2024

 

L’Enigma di einstein è un romanzo del 2006 di José Rodrigues dos Santos, che ha il grande merito di spiegare in modo avvincente, con parole comprensibili anche dai profani, tante scoperte scientifiche del XX secolo, che conducono gradualmente a comprendere certi aspetti del funzionamento della vita micro e macroscopica. Il motivo di tanto impegno scaturisce, nella finzione romanzesca, da un manoscritto segreto redatto e cifrato dal grande fisico Albert Einstein, che i servizi segreti dell’Iran e degli Stati Uniti ritengono nasconda la formula di una bomba atomica realizzabile da Israele. Non riuscendo a decifrare le pagine rubate ad un fisico portoghese che aveva lavorato a stretto contatto con Einstein, si rivolgono a un famoso crittografo, di cui seguiamo le ricerche, i ragionamenti, i sentimenti. Ben presto l’uomo si rende conto che non di un’arma tanto distruttiva si tratta, ma della prova scientifica dell’esistenza di Dio. Per arrivare a una possibile risposta a una simile questione, seguiamo i diversi passi che la scienza e le religioni di ogni epoca e luogo hanno fatto per comprendere le leggi dell’universo e il senso della vita.

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