Bagolaro robusto e frugale
Il bagolaro, detto spacca-sassi, per le sue radici robuste che si aggrappano ovunque, cresce facilmente e con rapidità lungo le strade. Non si risente per la scarsa educazione di uomini e animali né per le auto, i camion, i trattori che comunicano col rumore e le puzze la presenza nel territorio. Si accontenta di poca acqua, poca terra, poco nutrimento alle radici. Basta il cielo e il sole al gran soffione della sua chioma, particolarmente bella anche in inverno. Ricorda vagamente ai ciliegi nei frutti che, però, sono piccoli e neri in autunno, mentre ad aprile si riempie di fiorellini giallo chiaro, che lo fanno sembrare una chioma ricciuta.
Alto e slanciato, col tronco liscio e la corteccia grigia, è simile in questo al faggio e, come lui, può vivere a lungo. Le foglie a punta di lancia, di un verde vagamente azzurrato, sono seghettate sui margini per avere una lunghezza maggiore e catturare così più sostanze dall’aria e più energia dal sole, mentre la pioggia la fanno sgocciolare con facilità lungo la punta acuta, che è la loro grondaia. Sono ottimo foraggio per il bestiame.
Bagolaro, pare venga dalla parola “bagola” che significa chiacchiera, forse perché sotto la sua ombra ci si ferma volentieri a parlare o perché gli uccelli lo affollano, facendone un albero ciarliero. Bagola significa anche manico, perché i manici delle fruste, che i carrettieri usavano un tempo per spronare i cavalli, erano fatti coi loro rami. Nel Sud lo chiamano caccamo ma anche albero dei rosari, perché li si facevano coi noccioli dei suoi frutti, quando non servivano come proiettili nelle cerbottane dei ragazzi. In latino si chiama Celtis australis: celtis è il nome greco che gli ha dato Linneo e australis allude alla zona sud dell’Europa, di cui è originario.
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