I miei articoli

Alberi maestri del Friuli Venezia Giulia

by 28 Dicembre 2012

171 pag.  € 13,00 + 2,00

per spedizione

mail: info@ascuoladaglialberi.net

Alberi Friuli

 

I più begli alberi monumentali di tutte le provincie friulane, con la narrazione del loro carattere, delle qualità, della storia. Illustrati con acquerelli a tutta pagina.

 

Estratto

 

LA MAGNOLIA DI GORIZIA

 

Quando nel 1863 Gorizia faceva ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico, gli irredentisti avevano trovato qualcosa, capace di rappresentare l’Italia, la patria a cui volevano di nuovo essere uniti. Non potevano esporre bandiere tricolori, cantare inni o fare monumenti, ma nel nuovo parco pubblico, potevano piantare un albero che avesse colori italiani e fosse originario di un Paese libero dalla dominazione straniera, come l’America.

Si erano procurati una magnolia sempreverde, che in primavera fa sbocciare grandi fiori bianchi e in autunno ha frutti rossi e lucidi come corallo, per avere una bandiera vivente. Era già grandicella e avevano curato il suo trapianto in modo da essere sicuri che potesse mettere salde radici, in quel giardino del centro città. Su pochi alberi come su quello, si erano concentrate tante aspettative. Eppure, i patrioti non sapevano di averne scelto uno che discendeva da una stirpe audace e innovatrice: quella che centotrentasei milioni di anni fa, era stata fra le prime ad ornarsi di fiori a corolla. Una simile novità aveva dato al mondo forme, profumi, colori nuovi e intrecciato relazioni armoniose e durature fra specie diverse. Gli alberi si erano assicurati, in quel modo, la collaborazione degli insetti per essere fecondati e quella degli uccelli per diffondere la loro discendenza.

Sarebbe stato un motivo in più, per fare di quella magnolia un simbolo di fratellanza nazionale. Con lei, il desiderio di dominio degli uomini sulla natura era venuto meno, in modo da non danneggiare un simbolo a cui guardavano con speranza. Nessuno si sarebbe azzardato a potarla, tagliando i rami che lei stava già allungando dalle parti più basse del tronco. Così, quando dopo una curva aggraziata avevano toccato terra e messo radici, nessuno era intervenuto. Erano sette e da ciascuno, in cerchio erano spuntate altrettante magnolie, che scambiavano attraverso le braccia materne, la propria linfa. Così, le giovani piante sono cresciute diritte e alte fino a raggiungere il punto in cui quella originaria chiudeva la sua cupola con gli ultimi rami, come la volta di un tempio. Niente avrebbe potuto rappresentare meglio una nazione unita.

Il desiderio dei goriziani che l’avevano scelta è stato espresso da lei in modo ben più ampio di quanto potessero desiderare e persino immaginare, come una fontana che zampilla senza temere di dare troppo, perché la sua sorgente è profonda e non si esaurisce.

 

 

Acqua, aria, terra e fuoco, energie del mondo

by 28 Dicembre 2012

142 pag.  € 15,00 + 2,00

per spedizione

mail: info@ascuoladaglialberi.net

COPERTINA_fenomeni naturali

 

 

Per conoscere le fantastiche, sorprendenti performances dei quattro elementi: come è possibile trovare l’acqua nel deserto? Come può nascere un vento caldo in inverno dalle montagne innevate? Per quale fenomeno dall’acqua può nascere il fuoco? Come mai compaiono tante pietre negli orti?

 

Acqua, aria, terra e fuoco possono apparire umili elementi, se li si vede solo nella veste più consueta, che noi utilizziamo.

Basta dedicarvi maggiore attenzione per accorgersi, invece, di qualità che in passato sarebbero sembrate soprannaturali.

Sotto la loro azione il mondo si trasforma incessantemente, creando sostanze e fenomeni che possono soddisfare ogni immaginazione. Conoscerli almeno un poco, permette anche di utilizzarli meglio, con minor danno per l’ambiente.

 

 

Estratto 

LE SORGENTI DI NEBBIA

Ci sono montagne da cui non sgorgano sorgenti, dove non scorre neppure un torrentello e dove anche la pioggia arriva ben di rado. Ogni giorno, però, sono coperte da una fitta nebbia che parte dal mare come vento umido, ma quando raggiunge i pendii, col freddo si appesantisce, rallenta e perde la forza per andare oltre. L’acqua che la inzuppa, in minutissime particelle, riesce a rapprendersi solo se trova almeno un pulviscolo, qualche filo d’erba, qualche pianta a cui aderire per riunirsi in gocce, prima che il sole diventi abbastanza caldo da farla risalire, di nuovo invisibile, verso il cielo. A diventare pioggia, non ce la fa mai.

Su alcune di quelle montagne ci sono alberi, che con la chioma offrono alla nebbia una superficie tanto vasta su cui adagiarsi, da raccogliere acqua a sufficienza per le loro necessità. Le foglie piene di ondulazioni e nervature sono l’ideale perchè l’umidità possa formare gocce, scivolare lungo le punte e precipitare al suolo. Litri e litri del prezioso liquido penetrano nel terreno e sciolgono i minerali utili alle piante e agli animali, poi una parte risale attraverso le radici fino alle foglie, che se ne servono per farne linfa, con le sostanze prese dall’aria e dalla terra.

Sopra certe alture, quasi duemila anni fa, gli uomini che avevano osservato gli alberi e le rocce catturare l’acqua dall’aria umida, li avevano imitati per poter rifornire i loro villaggi a valle, dove non arrivavano ruscelli e non c’erano sorgenti. Avevano impilato alti mucchi di pietre calcaree, tanto accidendate che il velo con cui la nebbia le rivestiva, si rompeva facilmente in gocce, colava a terra e si infilava in tubature che la portavano fino alle fontane vicino alle case. Uno dei villaggi bizantini diventato per questo città, era Teodosia.

Dove manca l’acqua in Perù, in Cile, in Sudafrica, adesso gli uomini in cima alle alture la raccolgono dalla nebbia con grandi reti di plastica tese in verticale, come un recinto per una porzione di cielo. L’umidità si attacca alle maglie, si rapprende in gocce, scivola nelle grondaie e scende nei tubi, per rifornire i paesi. Il raccolto delle nuvole, lo chiamano loro.

Lungo le coste della Namibia, l’oceano Atlantico è raffreddato dalla corrente del Benguela, che arriva dal Polo Sud ed offre sollievo alle coste africane. Ogni notte, il vento marino che si spinge verso il deserto, ne incontra l’aria ancora calda e si condensa in nebbia. L’aspettano tutti i suoi abitanti e i coleotteri che la condensano su di sé, dove le gocce scivolano verso la bocca, lungo il corpo ruvido e inclinato. Anche la welvitschia, unico e stranissimo albero nano del deserto, con le sue due sole foglie ottiene ogni giorno da quell’aria greve di umidità, di che vivere per duemila anni.

 

 

Viaggiare come la luna – per conoscere chi e cosa fa il mondo migliore

by 28 Dicembre 2012
 

COPERTINA_viaggiarecome vetrina

 270 pag. 21 x 15
€ 20,00 + 2,00 spedizione

 

01

  ascolta l’ intervista di controradio

 

 

Un libro di viaggi per conoscere aspetti interessanti di Madagascar, Mali, Senegal, Cuba e Messico, oltre che di tutte le regioni italiane. Per seguirmi nella realizzazione del progetto A SCUOLA DAGLI ALBERI

 

I problemi ambientali e sociali possono essere attenuati mettendo in grado le persone di conoscere la natura dentro e fuori di sè, perchè chi ne sa qualità e funzionamento è anche capace di prendersene cura con amore e competenza.

Dedico questo libro all’Italia, nel centocinquantesimo anniversario della sua unità, perché patrimonio di tutti, al di là di ogni origine e preferenza, è la natura. Difendere il nostro territorio e quello del mondo intero, si può fare oggi con i mezzi pacifici e fortemente terapeutici della creatività, di cui la natura è la migliore ispiratrice.

 

leggi l’estratto

 

LE TERMITI E LE CASE DI TERRA

Lungo la strada della Casamance che porta verso Enampor, gruppetti di palme circondano grandi termitai e li proteggono con l’ombra. Guglie di terra alte fino a sei metri si alzano da una base larga, come un’eruzione del suolo ardente. Sono dure come pietra ed esternamente deserte. Le termiti non escono mai alla luce e solo una volta nella vita, nugoli di maschi e di possibili regine volano fuori per scegliersi. Poi si strappano le ali e vivono nel buio dove le operaie scavano e costruiscono lunghissime gallerie per arrivare al cibo, cementando ogni granello di sabbia con le feci collose, riparandone i guasti dopo aver umettato i raccordi con la saliva. Ampie stanze, lunghi corridoi, alti camini, minuscole aperture fanno circolare l’aria perché si rinnovi e mantenga costante la temperatura all’interno, dove migliaia o milioni di creature senza occhi, si riconoscono al tatto e all’odore.

Popolano la terra fin dagli inizi, prima delle formiche, avversarie ben fornite di difese che loro non hanno. E’ da allora che si sono ritirate nei castelli presidiati da soldati, che ne vigilano ogni apertura e la ostruiscono con l’arma che è la gran testa cornuta. Non mancheranno mai di cibo, loro che si nutrono di tutto ciò che è vegetale, consumandolo dall’interno, per non esporsi mai alla luce. Una galleria sottile quanto un dito le porta alla base di un albero, che masticano voracemente fino quasi alla corteccia, svuotandolo per intero senza che niente lo lasci sospettare. Solo quando crolla come un abito sospeso nell’aria ci si accorge della loro opera nefasta. Sedie, tavoli, porte e travi si afflosciano d’un tratto dopo il loro passaggio, se appena li si tocca. Degli abiti restano solo i bottoni, dei carri rimangono le parti di ferro. Con la stessa sostanza che serve loro per disintegrare certe parti vegetali corrodono anche il vetro ed il piombo. Così è successo a volte.

Qui sembra che non ne abbiano bisogno e la gente vive tranquilla accanto a loro, in case di terra cruda che debbono la tecnologia anche a quegli insetti. Come loro, gli uomini le hanno sempre costruite lavorando in gruppo, mescolando terra e paglia con acqua e sterco bovino, ricco della cellulosa che dà sostegno ai vegetali.

Ad Enampor c’è una casa circolare ad impluvio con un cortile interno, dove una vasca raccoglie l’acqua piovana scesa dal tetto rivestito di paglia. E’ fatta di terra e con le travi in legno di palma borasso e mangrovia, che resistono alle termiti. Accoglie varie famiglie, ed era stata costruita quando le guerre si combattevano con lance e frecce. A M’lomp ci sono case singole di terra cruda a due piani. L’antico metodo è altrove adattato alle esigenze moderne e le case più all’avanguardia lo hanno fatto proprio. Ma ancora si possono vedere dappertutto nel mondo quelle che anche la povera gente si può costruire, belle come costruzioni di fiaba e robuste come castelli.

 

 

 

 

 

 

 

Alberi monumentali d’Italia

by 28 Dicembre 2012
ALBERI_MONUMleggero
300 pag. € 20,00 + 2,00 spedizione

con illustrazioni e disegni in b/n e a colori

 

L’unica guida in Italia, ADESSO ESAURITA con gli alberi monumentali di tutte le provincie, con indicazioni precise su come raggiungerli e spiegazioni, in forma narrativa.

 

Quando ogni comune presenterà degnamente fra i personaggi ed i monumenti illustri, almeno un albero monumentale, sarà un passo importante verso il riconoscimento della natura come parte fondamentale di ogni vero progresso umano.

 

Estratto

 

I TIGLI DI VILLA WELSPERG (TN)

 

Montagne luminose come le Pale di San Martino sullo sfondo, il torrente dalle acque turchesi che scorre fra i sassi bianchi, il bosco tutt’intorno alla villa che è adesso la casa del parco regionale, fanno venire voglia di metterci radici come i due tigli più grandi e belli del giardino. Sono stati a dimora con lei dal 1853 per la famiglia Welsperg, austriaca in terra che allora era Austria. Come tradizione loro ma anche degli sloveni, dei tedeschi, dei francesi, si piantava un tiglio per assicurarsi la protezione della natura. Meglio ancora se erano due come qui: uno selvatico di forma slanciata, foglie piccole e scure, fioritura precoce, che rappresenta l’uomo e l’inverno accanto a quello nostrano dalla chioma espansa, foglie grandi e chiare, dalla fioritura più tarda, che ricorda la donna e l’estate. Le api che li aiutano a trasformare i fiori dall’intenso profumo in frutti, fanno col nettare un miele tra i migliori e a volte si prendono la melata rilasciata dagli afidi, i minuscoli insetti che succhiano la linfa dalle foglie. Spesso sono le formiche a trasportarli fin lì, per avere poi il liquido zuccherino che rilasciano. Per liberarsene ci si può far aiutare dalle coccinelle, che se li mangiano molto volentieri.

 

I fiori si possono seccare per farne squisite tisane d’inverno, contro gli spasimi delle malattie da freddo o da cattivo umore. Le foglie giovani sono buone in insalata o come foraggio per gli animali e coi frutti si può fare un olio delicato. I tigli hanno qualità emollienti e disintossicanti, al punto che mangiare il carbone fatto col legno dei loro rami è fra i più efficaci rimedi per salvarsi dagli avvelenamenti. Per questo, fin dall’antichità hanno avuto il titolo di grandi guaritori.

 

Fra i rami di tigli secolari, in Germania si faceva suonare la banda cittadina o i musicisti durante le feste. Del resto, il loro legno fibroso e indeformabile, da cui viene l’aggettivo tiglioso, è stato usato spesso per costruire strumenti musicali

 

Alberi della civiltà

by 28 Dicembre 2012
198 pag. 21×15 con foto in b/n
€ 15,00 + 2,00 spedizione

 

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  ascolta da Controradio  il melo

 

 

Possono vivere oltre duemila anni e viaggiare senza spostarsi, trasformare l’aria in cibo e neutralizzare i veleni, attirare le piogge e incanalarle nelle falde, trattenere le montagne e rallentare il vento.

Gli alberi sono veri, grandi maghi.

 

Un libro fondamentale per conoscere le qualità degli alberi europei e tropicali più comuni, interessanti e utili, in forma narrativa.

 

leggi l’estratto

 

IL BAMBU’

 

Ai tropici cresce una pianta erbacea tanto alta da poter superare gli alberi. Si aggrappa al terreno con i rizomi orizzontali robusti e fitti, in una rete inestirpabile ed invadente, anche se poco profonda. I suoi steli diritti, sottili e vuoti, certe volte crescono a tale velocità da arrivare in pochi giorni all’altezza di un bambino, poi di un uomo, poi di un albero con lunghe e sottili foglie sui ramoscelli esili ed eleganti. Finalmente si ferma e dalla sua altezza si dondola immutabile, per anni. Le altre erbe e gli alberi fioriscono, ma il bambù cambia soltanto le foglie a primavera e d’estate. Possono trascorrere trenta, cinquanta, anche cent’anni prima che lui e quelli della sua stessa varietà in tutto il mondo, quale che sia la stagione, la temperatura o l’età, siano pronti a lasciare una discendenza per poi morire. Praterie color verde pallido si rivestono di piccole, delicate infiorescenze. Maturano i frutti che si aprono e lasciano cadere a terra una grandinata di semi. Allora, in certi posti può succedere che arrivino i topi a milioni, attratti dal profumo del cibo che assaggiano una sola volta nella loro vita. Si gettano sul pasto più abbondante e squisito del mondo fino a ripulire il terreno. Fortificati e robusti, si ritrovano improvvisamente a digiuno e allora invadono i campi, i giardini, le case e divorano tutto, terrorizzando uomini e bestie.

Gli animali che vivono fra i bambù, che siano lemuri del Madagascar o Panda della Cina fuggono a cercarsene un’altra varietà, perché dopo aver dato frutto, i loro sono morti.

Qualche seme, però, si sarà salvato infilandosi per tempo sotto terra. Passerà un anno prima che il bosco dell’erba gigante torni a rinascere. Come gli animali, gli uomini ne mangeranno i germogli, dagli steli lisci, cerosi e cavi ricaveranno tubature per l’acqua, costruiranno impalcature e ponti, travi e muri, pavimenti e mobili. Li faranno suonare come strumenti musicali, frusciare come carta e se avranno bisogno di fuoco, sarà di bambù.

 

 

Leggi una storia al giorno

by 2 Febbraio 2012

 

formica

acquerello di Anna Cassarino

 

 

La natura è maestra in tutte le cose. Leggi una delle mie storie ogni sera, prima di dormire. Durano solo qualche minuto, ma un po’ alla volta ti apriranno le porte di un mondo  migliore.