I miei articoli

Alberi monumentali della Calabria, provincia di Reggio Calabria

by 12 Maggio 2009
olivo di Gioia Tauro

olivo di Gioia Tauro

 

Nella pianura e colline intorno a Gioia Tauro c’è una distesa immensa di olivi, qualche volta mista ad aranceti. Sono alberi alti, che formano un tetto quasi continuo con le chiome e creano una bella atmosfera. Alcuni hanno sotto di loro un prato di un verde acceso, altri hanno la terra nuda. Lungo la statale 112 bis, al km 8,9 ci sono OLIVI di particolare bellezza per la base del tronco, con radici estese che sollevano gli alberi come su altrettante isolette. La grande umidità ha rivestito le radici e buona parte del tronco di muschio. Alcune piante sono di dimensioni notevoli.

Di oliveto in oliveto si sale a Delianuova dove c’è un PINO DOMESTICO di 130 anni, dal gran tronco con una circonferenza di circa 5 metri, proprio accanto alla casa del proprietario, lungo la strada in direzione di Bagnara. Nel giardino di quella che era stata una dimora signorile, adesso in rovina, c’è una QUERCIA ROVERE di tutto rispetto.

Salendo verso l’Aspromonte, da Sant’Eufemia verso Gambarie, si trova il “cippo di Garibaldi”, dove, durante la celebre battaglia d’Aspromonte il Generale fu ferito. L’albero al quale si è appoggiato è un PINO LARICIO dal tronco di 4,50 m e l’altezza di 30. Questa è una varietà di pino nero, endemico della Calabria, Sicilia e Corsica.

Vicino all’imbocco dell’autostrada di Sant’Eufemia, prendere la strada verso Solano e ben presto si vedrà sulla sinistra l’indicazione di Covala. Raggiunte le sue poche case, prendere un sentiero nell’uliveto che, dopo dieci minuti di cammino porta ad un gruppo di case in rovina dove si trova un grande LECCIO dalla circonferenza del tronco di circa 5 metri e l’altezza di 25. Negli uliveti del sud si sentono sempre cantare gli uccelli anche di giorno, perché qui trovano cibo abbondante e buona accoglienza.

Nella piazza principale di San Lorenzo si trova un OLMO antico, dal grosso tronco, ma molto sacrificato.

 

Alberi monumentali della Calabria, provincia di Vibo Valentia

by 11 Maggio 2009

quercia di Simbario

All’uscita dell’autostrada di Pizzo Calabro, subito dopo l’incrocio con le strade che portano nelle varie direzioni, prendere quella per Francavilla e, dopo pochi metri dal successivo bivio, sulla destra si vede un gruppo di SUGHERE, con la parte bassa del tronco ricoperta di rampicanti. Preso di nuovo per Francavilla al bivio con Filadelfia, prima della curva si trova sulla sinistra un’altra SUGHERA dal tronco di circa 3 metri.

Prendendo invece la strada che porta a Simbario, ad un certo punto si troverà sulla sinistra il santuario Santa Maria Mater Domini, circondato da un bell’uliveto con alberi alti, di cui uno dalla circonferenza di 5 metri. L’uliveto che si trova proprio prima di questo, con i suoi alberi alti che formano con le chiome un tetto continuo ed i tronchi rivestiti di muschio è molto suggestivo.

A Simbario costeggiare il cimitero e poi prendere la strada per Cardinale. Dopo un chilometro si troverà sulla sinistra una QUERCIA ROVERE con la circonferenza del tronco di oltre 6 metri e l’altezza di 25. Le foglie del rovere sono strette e coi lobi che terminano a punta.

A Serra San Bruno, (800 m slm) il viale che porta alla certosa è fiancheggiato da alti PIOPPI dai tronchi rivestiti di muschio. Tutto il percorso fino al santuario ed il parco regionale delle Serre intorno sono ricchi di alberi pluricentenari in una suggestiva atmosfera. Ci sono ontani e pioppi che testimoniano la ricchezza d’acqua della zona, dato che entrambi crescono solo in sua presenza. Ci sono poi antichi, bellissimi ABETI BIANCHI alti anche 40 metri.

Prima di arrivare a San Gregorio d’Ippona, lungo la strada si trova una fantastica QUERCIA ROVERE fortemente inclinata, con un tronco dalla circonferenza di circa 5 metri, possenti rami laterali ed una chioma ricadente che crea una volta fiabesca e vastissima.

 

alberi monumentali della Campania, provincia di Avellino

by 10 Maggio 2009
tiglio di Summonte

tiglio di Summonte

 

La zona di Avellino è quella in cui da secoli si coltivano i noccioli, tanto che il nome scientifico della pianta è Corylus Avellana, che significa Elmi di Avellino. Simili ad elmi sono infatti i cappucci che trattengono le nocciole sulla pianta. Salendo verso la città, ad un’altitudine di  348m. si vedono i noccioleti sempre più numerosi. I noccioli sono arbusti che ricrescono continuamente dalle radici in più tronchi che si curvano verso l’esterno, come getti d’acqua. Fra loro crescono anche i noci, altra coltura tipica della regione. Un NOCCIOLETO degno di essere chiamato monumentale si trova sulla sinistra, proprio all’ingresso di Avellino, venendo da Avella, dove c’è il cartello che indica il confine con Marcogliano. Poco più avanti, sulla destra ce n’è un altro e altri se ne trovano ai margini della città. Tutta la provincia ne è ricca.

Nel centro storico di Avellino, nel giardino della villa comunale, quattro PLATANI altissimi (almeno 30 metri) e con tronchi dalla circonferenza di 4 metri sono sistemati in circolo come colonne al centro del piccolo spazio verde. Anche lungo il perimetro ce ne sono di notevoli, mentre quasi in angolo c’è un IPPOCASTANO e al centro dei LECCI.

Nel centro di Marcogliano c’è il più bel viale di PLATANI più che centenari che possa capitare di vedere in Italia. Sono integri e formano una lunga galleria luminosa, coi loro tronchi quasi bianchi, chiazzati in vari toni vi verde e di giallo. Una vera rarità che merita di essere ammirata.

Nel centro di Summonte c’è un TIGLIO perfettamente conservato, enorme, di 250 anni, circonferenza del tronco di circa 6 metri ed un’altezza di 34 metri.

Nella frazione di Serino, S.Sossio, accanto a rovine di architetture antiche c’è un bel TIGLIO della probabile età di 200 anni, col tronco della circonferenza di oltre 5 metri ed un’altezza di 27. E’ stato potato in modo scorretto, pur se non disastroso. Tagliare i rami in un punto arbitrario, anziché ad una biforcazione, provoca una ricrescita troppo numerosa e disordinata di rami deboli che poi rendono difficile la gestione. Inoltre al di fuori dei punti in cui i rami hanno la loro concentrazione di difese, i tagli li possono far ammalare. Nella sezione del mio sito dedicato al trattamento degli alberi ci sono le istruzioni di base per le potature.

 

alberi monumentali della Campania, provincia di Benevento

by 9 Maggio 2009
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olivo di San Salvatore fiorentino

Nel giardino della Villa Comunale di Benevento, dove quasi tutti gli alberi sono sempreverdi. Un LECCIO di circa 150 anni è il più bello, al centro di un’aiola vicino al bel gazebo ottocentesco. Il suo tronco ha una circonferenza di circa 4,5 m, con un’ampia chioma, sia pure con un’altezza modesta.

Nella piazza principale di Fragneto, al posto di un monumento umano ce n’è uno vegetale: un TIGLIO di almeno 200 anni (dicono 400), che le circostanze hanno mantenuto piccolo e bitorzoluto, ma l’effetto d’insieme è attraente. Col tempo gli alberi riescono a cancellare con le loro linee sinuose i tagli rozzi, squadrati, brutali che fanno gli uomini.

A San Salvatore Telesino, contrada Telese Vetere, appena prima di un’officina meccanica, vicino alla strada c’è un OLIVO dal tronco molto grosso e traforato dai secoli, dicono 30. E’ stato brutalmente capitozzato affinché i suoi rami crescessero bassi e si potessero così cogliere i frutti con facilità. Il suo aspetto è per questo inconsueto, per metà nascosto dalle sue fronde. Il tronco è comunque un affascinante cesello.

 

Alberi monumentali della Campania, provincia di Caserta

by 8 Maggio 2009
faggio del matese

faggio del matese

 

La reggia di Caserta ha alle spalle un giardino all’italiana, fatto di sempreverdi tagliati geometricamente, poi un lungo viale fiancheggiato da soli LECCI in parte cresciuti liberamente, in parte potati geometricamente, con lunghe vasche d’acqua nel mezzo. A due chilometri dall’ingresso, a destra della grande vasca sotto la cascata, si entra nel giardino all’inglese, vale a dire quello realizzato a fine settecento con gusto romantico. E’ lì che si trovano vari alberi monumentali, di cui alcuni esotici ed altri europei.

Si vede immediatamente un’ARAUCARIA Bidwillii, conifera australiana, anche se l’araucaria classica, del genere Araucana è cilena (gli araucani sono i nativi di quel Paese). Ha foglie spesse, dure, appuntite, a spirale sui rami. Ha sessi distinti e questo esemplare sembra essere maschio. Il tronco ha una circonferenza di circa 4 metri e l’altezza è di 30. Dalla Campania in giù si vede in moltissimi giardini l’Araucaria Hererophylla, sempre di origine australiana, considerata albero porta-fortuna capace di tenere lontani di casa gli spiriti maligni.

Scendendo per il sentiero a destra si trova subito una DRACENA, altro albero insolito, originario delle isole Canarie. Il suo nome significa sangue di drago, a causa di una resina che solidificandosi diventa rossa. E’un albero molto longevo, con tanti piccoli tronchi attaccati e un’impenetrabile cupola a ciuffi di lunghissime foglie.

Continuando lungo il sentiero che porta al Bagno di Venere, si vede un bel CEDRO DEL LIBANO col tronco dalla circonferenza di oltre 5 metri ed un’altezza di 25.

Scendendo nell’avvallamento dove c’è un piccolo stagno protetto da finte rovine e una fitta vegetazione, una statua di Venere evoca un momento privato della dea. E’ nelle vicinanze che si trova un TASSO dal tronco e radici spettacolari in forme sinuose perfette per accrescere l’atmosfera silvestre del luogo. Il tronco ha una circonferenza di 3 metri, che rivela l’età avanzata di quest’albero dalla crescita lentissima, velenoso e dai sessi distinti.

Nella zona di Pignataro Maggiore ci sono vari oliveti con alberi antichi e, a Calvi Risorta, c’è un OLIVO di 600 anni, con una circonferenza del tronco di circa 6,50 m ed un’altezza di 10. In paese prendere la stradina che porta alla sede del Corpo Forestale dello Stato. Prima di raggiungerlo, sulla destra si vede il grande albero.

Per trovare un indimenticabile FAGGIO cavo di circa 400 anni, circonferenza del tronco di 6 ed altezza di 30, bisogna oltrepassare S. Gregorio Matese di circa 8 km, salendo sempre verso il lago Matese. Arrivati ad un bivio svoltare a sinistra e subito a destra, percorrendo ancora circa 3 km fino all’agriturismo FA.LO.DE. Cortesemente i proprietari vi indicheranno la strada dentro la proprietà dove, dopo un chilometro, un brevissimo sentiero porta all’albero che sembra un’architettura fiabesca. Prima di raggiungerlo, sulla sinistra si vedranno dei BIANCOSPINI, arbusti riconoscibili dall’arruffio di rami, di cui il primo è certamente antico.

 

Alberi monumentali della Campania, provincia di Napoli

by 7 Maggio 2009
edera di Capodimonte

edera di Capodimonte

 

Nel grande parco di Capodimonte si trovano vari alberi con duecento anni di età, dato che il grande spazio verde intorno al palazzo reale è del primo ottocento. Sono quasi tutti sempreverdi ed i boschetti sono prevalentemente di LECCIO, la quercia tipica del Mediterraneo dalle piccole foglie scure, con la pagina inferiore più chiara. Se ne potranno trovare molti dai grossi tronchi. Nella zona intorno al museo si trovano altri alberi interessanti. Ci sono PALME di cui una, ormai morta, è davvero sorprendente. Infatti, a prima vista sembra un cipresso, per la forma affusolata della chioma verde che si vede da lontano. Avvicinandosi, però. si scopre un’enorme EDERA, dal tronco con la circonferenza di ben 2 metri, addossata al tronco della palma, che ha allargato i suoi rami come un albero, modellato poi certamente anche dai giardinieri. Quando la rampicante trova un solido appoggio, si comporta spesso così ed è anche curioso notare come il suo tronco diventi molto somigliante a quello di chi la ospita.

Dietro il palazzo del Principe c’è un grande CANFORO dal tronco di 7 metri di circonferenza, che presto si divide in lunghi, sinuosi rami sul cui dorso muschio e felci sono cresciute, dandogli l’aspetto che hanno spesso gli alberi tropicali. Di origine cinese, la sua specie è stata portata in Europa forse da Marco Polo tanto per la sua bellezza quanto per la canfora che contiene, molto utile per curare le malattie respiratorie e per allontanare le tarme dai tessuti.

Tornando verso il prato con le palme, il tronco di un TASSO maschio ha un aspetto fiabesco. Le radici in parte fuori terra, che movimentano il fusto, suggeriscono l’idea di una porticina nell’albero, contornata da colonne. Questo albero dalle foglioline scuro è interamente velenoso ma curativo del cancro al seno e alle ovaie. Cresce molto lentamente ed il suo legno è resistente eppure elastico. Serviva per fare gli archi. Le femmine, in autunno portano i bei frutti rossi, unica parte commestibile per gli uccelli.

Altri alberi interessanti sono nella parte opposta al museo, relativamente vicina alla seconda entrata su via Miano. Vicino alla fagianeria c’è infatti una MAGNOLIA sempreverde dal grosso tronco di 5 metri di circonferenza, basso e sinuoso, con un lungo ramo orizzontale sporgente. Anche sul prato poco prima c’è un gruppo di magnolie molto belle.

Da quel punto, guardando verso il muro di cinta si vede un grande PLATANO che sembra piccolo perché solitario. Avvicinandosi, però, si notano le imponenti dimensioni abituali in lui (tronco dalla circonferenza di circa 5 metri). Perde le grandi foglie palmate in autunno, dopo che si sono colorate di giallo ed arancio. Ne mantiene qualcuna sui rami, insieme ai frutti sferici.

Camminando a quell’altezza, di ritorno verso il museo, dopo qualche decina di metri si trova una QUERCIA ROVERELLA di tutto rispetto. Perde le foglie lobate nel tardo autunno.