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Alberi monumentali dell’Umbria, provincia di Terni

by 28 Dicembre 2008
cerro di Montalfina

cerro di Montalfina

 

Andando da Orvieto verso Castel Giorgio, al km 22 della strada statale 71, sulla destra si vede un bellissimo CEDRO DEL LIBANO che sporge oltre il muro di quello che era il parco di una villa, poi di un ristorante. Sopra il cancello c’è ancora la bella scritta “Buon Viaggio”, che dà il nome alla località. La circonferenza del tronco è di circa 5 metri e l’altezza intorno ai 25. Questo tipo d’albero era tipico delle montagne libanesi, dove ormai scarseggia. E’ stato importato tre secoli fa per essere piantato nei parchi o nelle piazze dei municipi dell’Italia del Nord, per il senso di rispetto che la sua imponenza suscita. Si riconosce per gli aghi a ciuffetti, per i rami che formano ampie tettoie, per la punta che dopo i cent’anni si appiattisce.

Arrivati a Castel Giorgio ed oltrepassato il cimitero, sulla sinistra si vede un albero che dalla forma, da lontano un pino domestico. E’ invece un CIPRESSO DI MONTEREY (California), che da giovane è più stretto, ma con l’età si allarga, come questo. Il tronco ha una circonferenza di 4,5 metri. Vicino a lui c’è una stele commemorativa di un episodio tragico del 1932, quando due aerei italiani in esercitazione si sono scontrati, sopra i campi lì vicini.

Riattraversando la cittadina e prendendo la strada in direzione di San Lorenzo nuovo, dopo due chilometri si trova sulla sinistra una strada sterrata indicata come Montalfina. Porta ad un castello privato ma è di libero accesso. Dopo poco si vedono le magnifiche QUERCE CERRO che hanno alcuni secoli e costeggiano la strada. Dopo 700 metri dall’inizio della stradina c’è l’albero più bello, col tronco dalla circonferenza di circa 4,5 metri. Il cerro si riconosce subito per la corteccia molto incisa, a grossi tasselli chiari, che hanno un colore rosato nel punto di connessura. Le foglie sono simili alle altre querce, ma più strette. Le ghiande hanno cappucci quasi spinosi.

Oltrepassata Parrano, a circa 500 m di altitudine, si vede la chiesetta di San Gabriele sulla destra. Nel prato si trova un CASTAGNO della possibile età di 400 anni e la circonferenza di circa 7,5 metri. E’ particolarmente bello sul lato in pendenza, dove le radici cave sono rivestite di muschio.

A Piediluco, in riva al lago, nella piazzetta col bar e il monumento ai caduti c’è un magnifico PLATANO integro, con la circonferenza del fusto di 5 metri.

A Montoro, borgo medievale bellissimo su na collina circondata da olivi pluricentenari, ce n’è uno molto vecchio, spaccato in quattro pezzi, di cui due morti, con una circonferenza di cinque metri, contando il vuoto tra un pezzo e l’altro.

A 15 chilometri da Narni, verso S.Lucia e continuare fino oltre S. Urbano. In un bosco di lecci, vegeta un CASTAGNO che si dice sia dei tempi di San Francesco. La circonferenza del tronco è 5 metri e l’altezza 20. Si trova presso un santuario dedicato al patrono d’Italia. Lavori di consolidamento delle rupi stanno sconciando esteticamente i luoghi. L’albero è imponente, ma è probabilmente una derivazione dalla ceppaia di quello originario. Il castagno, molto esigente in fatto di terra, lo conosciamo bene per i suoi frutti e meno per i fiori, che pure sono belli, a Giugno. Molti alberi hanno infiorescenze a forma di spighette erette o pendule.

Il belvedere superiore della cascata delle Marmore ha bei boschetti ombrosi. Appena si entra dall’abitato nella zona alberata, sull’angolo di fronte a un asilo infantile c’è una QUERCIA ROVERELLA che viene spontaneo chiamare “sua maestà” per la forma e il portamento magnifici. Il tronco ha una circonferenza di circa 4,50 m.

Alberi antichi di 3 milioni di anni, sono i resti fossili di SEQUOIE dissepolte una trentina d’anni fa in una cava d’argilla a Dunarobba. Sono protette da capanne di lamiera rivestite di canniccio, che le fa sembrare tende o libri aperti e rovesciati. Sono ancora allo stato legnoso, caso unico, forse, al mondo. Entrata a pagamento dal martedi al venerdi. Per raggiungere Dunarobba, da Todi, prendere la strada per Avigliano. Un chilometro prima di raggiungerlo, ci sono le indicazioni per la foresta fossile.

 

alberi monumentali della Valdaosta, provincia di Aosta

by 27 Dicembre 2008
sequoia di Chatillon

sequoia di Chatillon

 

In questa regione si trovano molti alberi monumentali delle specie più diverse, tutti dotati di un pannello informativo. Nel 2013 ho pubblicato il libro ALBERI MAESTRI DI PIEMONTE E VALLE D’AOSTA, che troverete nella sezione LIBRI di questo sito, che vi farà conoscere più estesamente le qualità degli alberi che presento qui.

Appena entrati nella regione, chi desidera vedere un notevole FRASSINO, può risalire nel territorio dei Walser (vallesi), l’etnia emigrata 800 anni fa dalla Svizzera e che si trova anche in Austria. Verso Gressoney, seguendo il corso del Lys, ad un’altitudine di 1280 m. poco prima del km.22 sul versante sinistro del torrente, davanti a delle case tipiche dei Walser, si trova il bell’albero di 300 anni, circonferenza 5,50 m, altezza 22. Il frassino ha radici profonde e ben ancorate al terreno, essenziali per impedire le frane. E’ anche molto robusto e queste due qualità, combinate alle sue proprietà medicinali lo hanno reso sacro ai popoli nordici, che ritenevano sostenesse il cielo. Ha foglie a forma di penne, che in autunno diventano di un bel giallo.

Dietro di lui, all’inizio del pendio, un ACERO con vari fusti, un ABETE ROSSO e un LARICE, tutti monumentali, come inizio di un intero bosco.

Lungo la strada, alle Caves di Donnas, sulla destra, si trovano due PLATANI. Sono fra gli alberi di maggiori dimensioni che abbiamo in Italia. Si ancorano bene nel terreno, resistono all’inquinamento ed al maltrattamento. Per questo sono usati nelle alberature stradali. Si riconoscono facilmente per le dimensioni notevoli, la corteccia chiara che si sfalda a chiazze di vari toni e per le foglie palmate che in autunno diventano gialle ed arancioni.

Per vedere, però un FAGGIO dalle forme insolite, occorrerà prendersi una mattinata. Arrivati ad Arnad, prendere la direzione di Echallogne. Bisogna lasciare l’auto dove c’è il divieto di accesso e continuare a piedi. Poco prima che finisca la strada asfaltata, sulla sinistra parte un sentiero che in breve porta verso il caratteristico villaggio di Echallogne e poi Les Barmes. Continuando, dopo pochi minuti si trova lungo il sentiero lo straordinario albero. I faggi erano chiamati “la madri del bosco” perché di loro si utilizzava tutto. I frutti, le faggiole, sono foraggio per animali ma se ne può fare olio o farina. Le foglie in passato servivano per imbottire i materassi, impermeabilizzare le pozze d’alpeggio, isolare il ghiaccio da conservare per l’estate. La cenere del legno che brucia dando grande calore è ottima per farne lisciva che lava i panni. Persino il fumo è eccellente per insaporire e conservare le carni. Il legno è ottimo per mobili.

Poco prima di Aosta, da Nus salire verso Mazod dove, nella piazzetta principale, si trova un GELSO NERO di 400 anni, circonferenza 2,70 m, altezza 10. Il gelso bianco serviva soprattutto per nutrire i bachi da seta con le sue foglie. Quello nero ha frutti migliori di quello bianco e si possono mangiare o fare marmellate, ma anche inchiostro, dato il suo intenso colore.

Nella città di Aosta l’albero più celebre e dalla storia più travagliata è il TIGLIO di Sant’Orso, nella piazza dove si trova la collegiata ed un chiostro con colonnine dai bellissimi capitelli scolpiti. Ha cinquecento anni, una circonferenza di 5 metri e un’altezza di 17 . E’ apprezzato per la sua fresca ombra, per i suoi fiori profumati da cui le api ricavano ottimo miele e gli uomini delicate tisane decongestionanti nei disturbi da raffreddamento. Sul prato dell’Arco di Augusto c’è un PLATANO di 200 anni con una circonferenza di 4 metri e mezzo e un’altezza di 24.

Nella strada che da destra arriva verso l’arco si trova una ROBINIA di 250 anni: una rarità per questo tipo di albero, importato in Europa dall’America da Jean Robin, giardiniere del re Enrico IV e Luigi XIII. Oltre al suo bel fogliame, è apprezzato per la fioritura a grappoli bianchi e profumati nel mese di maggio, per il suo legno duro e le sue radici che consolidano i terreni franosi. La robinia di Aosta è sorretta da una robusta stampella, perché molto inclinata, ma il suo tronco corroso dalla fatica di vivere, ha un disegno interessante.

Sarà una sorpresa trovare un MANDORLO, in via Gran San Bernardo, a 400 m dall’ospedale regionale, visibile dalla strada al 10bis. I mandorli erano usati per delimitare i terreni a vigneto e crescono bene in Valle d’Aosta che, pur avendo tante montagne, ha un clima gradito a molte piante che solitamente crescono più a sud.

Nel giardino del palazzo della Regione si trova un GINKO BILOBA, uno fra gli alberi più antichi e benefici del mondo e una SOPHORA JAPONICA PENDULA inconfondibile per la forma serpentina dei suoi rami che, nell’assottigliarsi, prendono la forma di archetti.

Uscendo dalla città e oltrepassato di un chilometro circa Aymavilles, in località Champcognein, sulla destra si vedrà il cartello che indica, appoggiata al muro a secco del vigneto sottostante, una VITE di 300 anni. Dato il tipo di pianta, le dimensioni sono ridotte. E’ un vitigno autoctono, il Premetta.

Appena si entra a Saint-Vincent, dopo l’albergo Billia, in viale Piemonte, sulla sinistra all’interno di un giardino si vede un bel FAGGIO PURPUREO di circa 100 anni, alto 23 metri.

 Appena fuori Châtillon in direzione di Aosta, si trova il parco pubblico del castello Baron Gamba, con vari alberi di pregio, tra cui una SEQUOIA SEMPREVERDE di oltre 120 anni, alta circa 40 metri.

 

 

alberi monumentali del Veneto, provincia di Belluno

by 17 Dicembre 2008
tiglio di Stabie

tiglio di Stabie

 

A Feltre, in piazza Vittorino da Feltre, conosciuta come Isola, una bellissima SOPHORA JAPONICA dal tronco con circonferenza di 6 m ed un’altezza di 25 orna la piazza dal 1870. Questo tipo di albero, di origine cinese e non giapponese, diventa molto grande ed ha una chioma vaporosa, con foglie pennate simili a quelle della robinia. In estate fa fiorellini color crema molto profumati ed in autunno perde le foglie molto tardi, come i bagolari ed i platani.

Andando in direzione delle montagne, subito fuori Feltre si sale verso Cart, per un viale di antichi CARPINI BIANCHI. Si riconoscono facilmente per il tronco che sembra un fascio di muscoli e per le foglie seghettate, a forma di piuma, che in autunno diventano di un giallo carico. Nella zona ci sono ville costruite in passato per trascorrervi l’estate, dato il clima piacevole. La strada, relativamente stretta, sarebbe stata allargata con il conseguente abbattimento degli alberi, se non fossero intervenuti i cittadini ad impedirlo.

Nel comune di Lentiai, salire a Stabie e, arrivati al fianco della chiesa, salire a sinistra, superare la fattoria Case Ferighetto e continuare per la stradina sterrata e poi cementata, che sale rudemente. Fare la curva ad U e proseguire nella salita fino a che, ad 874 m.slm, sulla destra, si vede una strada che dopo pochi metri porta davanti ad un magnifico TIGLIO nostrano, dalla circonferenza di circa 9 metri ed un’altezza di forse 20, di circa 300 anni d’età. Il tiglio fiorisce a Giugno, profumando intensamente l’aria.

A Belluno bassa, attraversare il Piave ed andare verso Feltre. Dopo poco, dove la strada raggiunge la sommità di un rilievo, sulla destra si vede una cappella rossa. Dietro c’è la villa dove ha vissuto Buzzati e, più dietro ancora, un LIRIODENDRO di 200 anni, alto 27 m. dalla forma alterata per i tagli dovuti ai danni da fulmine. Bisogna vederlo quando è coperto delle sue foglie a forma di testa di gatto ed i suoi fiori simili a tulipani. Il grande scrittore aveva citato l’albero in un breve racconto.

Riattraversando il Piave nell’altro senso in direzione di Ponte nelle Alpi, quando si vedrà il cartello con la scritta Sagrogna, si vedrà anche la strada che sale per raggiungere “la vena d’oro”, un parco di sorgenti a 476 m di altitudine, poi diventato centro idroterapico e adesso abbandonato. Entrando dal cancello e oltrepassando gli edifici cadenti, si troverà dietro di loro un grande FAGGIO di circa 170 anni, alto 40 metri e con un tronco della circonferenza di 4,5.

Dopo Alleghe si trova la ripida e stretta strada che porta a Lagusello. In fondo all’abitato, dietro le case, ci sono due grandi e begli alberi. Un FAGGIO di circa 200 anni, con una circonferenza di 6, 30 m ed un’altezza di 18. Sul rilievo di fianco al suo, un TIGLIO che, pur essendo ben più in basso di lui, lo supera per altezza. Continuando per la strada, a Pian, nel mezzo della piazza c’è un ACERO DI MONTE.

Nel comune di Chies d’Alpago, salire verso il villaggio Mont e Pian Formosa a 1315 m. slm. A lato dell’agriturismo c’è un CILIEGIO marasco centenario davanti ad un faggio. Salendo poi a piedi per venti minuti lungo la mulattiera, si arriva ad un grande slargo con enormi massi e sul pendio a destra un FAGGIO di circa 300 anni appare in tutta la sua bellezza. E’ alto 35 m ed il tronco ha una circonferenza di circa 5m

 

sequoia di Longarone

sequoia di Longarone

 

Nel comune di Longarone, a Faè, poco prima di entrare nella zona industriale, c’è l’Agriturismo La Mela, del Ceis, dove si trova quella che è stata forse la prima SEQUOIA GIGANTE importata dall’America in Europa. E’ alta solo 33 m. perché nel 1950 un fulmine le ha stroncato 8 metri di punta. Circonferenza del tronco è 6 m. L’età è di circa 170 anni. E’ chiamata la Pianta Santa perché, investita dalla piena del Vajont, pur subendo uno squarcio di 5 metri ha resistito e continua a vegetare bene.

Sul Passo Cibiana, a m. 1519 slm tra il km 62 III e 62 IV, sulla sinistra c’è un LARICE di circa 300 anni col fusto biforcuto, alto 25 m. e circonferenza del tronco di 5. Il suo tronco, come quello dei suoi vicini, poco sopra la base si incurva verso valle, probabilmente a causa del manto di neve e degli altri alberi caduti addosso nel tempo. Con le abbondanti nevicate dell’inverno 2008-9 molti abeti rossi si sono spezzati o sono stati sradicati, cadendo addosso ai larici che, però, hanno resistito bene. Questo è dovuto in parte alle loro radici a fittone che li ancorano al terreno ben meglio di quelle superficiali degli abeti rossi. Il loro restare spogli di aghi in inverno, inoltre, impedisce alla neve di accumularsi sui rami, mentre invece lo fa con i sempreverdi.

Nel comune di Zoldo Alto, nella frazione di Costa, a 1420 m si trova un ACERO DI MONTE di circa 250 anni, alto circa 25 m. Arrivati al parcheggio all’ingresso del paesino, scendere subito per qualche decina di metri dal sentiero sulla destra. Si troverà l’albero. Un motivo in più per andarlo a vedere è la bellezza dei fienili di legno, tipici del Cadore, che sembrano più castelli o chiese che ricovero per il fieno.

Nel comune di Cortina d’Ampezzo, a 1400 m. slm, salendo in direzione del passo Falzarego, quando si vedono gli impianti di risalita di Lacedel, prendere la stradina sterrata avendo cura di stare dalla parte del sacrario militare ai caduti, che si vede su un rilievo. Dopo circa mezz’ora, quando ci si troverà fra lo sperone roccioso ed il bosco, in un punto in cui un grosso masso lambisce la stradina ed ha una X rossa, guardare sulla destra. Al di sotto di un masso, insieme a sorbi e larici si vede un grande ABETE ROSSO di circa 300 anni d’età, alto circa 50 metri e con una circonferenza del tronco di circa 5. L’abete rosso si distingue per la sua sagoma scura, che si distingue nettamente dal verde chiaro dei sottili e morbidi aghi dei larici. Questo perché l’abete rosso è un sempreverde mentre il larice perde gli aghi ogni autunno e dunque il fogliame è più fresco. Il vantaggio del larice rispetto all’abete è quello di non dare appiglio alla neve, che grava invece sui rami fitti di aghi.

Nello stesso comune di Cortina, prendere la strada per Dobbiaco si raggiunge Fiames, dove c’è l’ufficio informazioni del Parco Le Regole e un grandissimo parcheggio. Da lì si può prendere la navetta per Ra Stua. A Giugno o Settembre si può continuare con la propria auto per un tratto fino a che, su una curva si vede a destra l’accesso alla strada forestale altrimenti chiusa. A Malga Ra Stua si vedono subito, dietro il rifugio sul pendio dei monumentali LARICI ROSSI con radici spettacolari fuori terra. Camminando poi per un’ora e mezza circa seguendo la stradina che sale verso Lerosa. Arrivando dove gli alberi si fanno rari e si vedono le montagne nude, vivono solo i cirmoli e, solitario sullo sfondo delle rocce il CIRMOLO di circa 500 anni, un vero eroe arboreo, col tronco dalla circonferenza di 4,5 m e l’altezza di 13. Il pino cembro dal legno profumato è il preferito dagli scultori per opere che oltre alla bellezza, mantengano il loro profumo per anni. In abbondante segatura ci si può immergere come in un bagno per rimediare a tensioni muscolari e dolori reumatici. Si riconosce questo tipo di pino dai suoi aghi riuniti in ciuffetti di cinque e con la pagina inferiore striata di bianco.

 

 

alberi monumentali del Veneto, provincia di Padova

by 16 Dicembre 2008
platano della certosa di Padova

platano della certosa di Padova

 

A Galliera Veneta, nel parco di villa imperiale, molto trascurato, ci sono vari alberi venerabili. TASSI, MAGNOLIE, CEDRI, CARPINI, PIOPPI in un ambiente che ha una certa suggestione proprio per il suo stato di abbandono. Per visitarlo è necessario cospargersi di repellente contro le zanzare che, anche di giorno, sono terribili.

A Piazzola sul Brenta, il viale che porta alla bella Villa Contarini è ornato da belle MAGNOLIE sempreverdi, alcune delle quali di età ragguardevoli. E’ una vista davvero insolita. (vedi spiegazioni sulle magnolie più sotto). Il parco della villa è molto interessante perché che vi trovano non solo molti alberi di valore, ma si possono osservare agevolmente uccelli come i cormorani, le garzette e gli aironi che hanno scelto l’isoletta nello stagno del parco come dimora invernale e luogo di cova. A primavera se ne vanno. Un albero davvero insolito è un NOCE di 140 anni, non molto grande ma che, risvegliandosi solo al solstizio d’estate, dunque con circa tre mesi di ritardo rispetto a tutti gli altri, riesce comunque a fare i suoi frutti in tempo.

Andando verso Cittadella da Padova, appena finito l’abitato di San Giorgio in Bosco si vede sulla sinistra un gran prato con molti begli alberi e sulla destra la villa Bolzonella e l’annessa azienda agricola. Si può accostare l’auto sulla sinistra e guardare, sul lato sinistro del grande prato un bellissimo ACERO CAMPESTRE di circa 100 anni. Sulla destra ci sono varie querce rosse che vale la pena di guardare. Appartengono ai proprietari della stessa villa. L’acero ha foglie palmate e frutti che sembrano insetti alati, grandi come libellule. Le querce rosse hanno foglie più grandi delle nostre querce e con i lobi appuntiti. In autunno diventano color rosso scuro

Appena fuori dalla Porta Padova di Cittadella si trova un magnifico TASSODIO con la circonferenza del fusto di 5 metri e l’altezza di 23

 

platano dell'orto botanico

platano dell’orto botanico

 

Nell’Orto Botanico di Padova ci sono alberi di età veneranda: un PLATANO ORIENTALE di 330 anni e una circonferenza di circa 6 metri completamente cavo, con un’apertura a mezzaluna sul dorso, che lo rende particolarmente curioso; una famigliola di PALMA NANA di 430 anni che vive dentro una serra, completamente aperta d’estate. Vista l’età, pur essendo una palma nana è alta parecchi metri. Questo tipo di palma è l’unica autoctona dell’Italia, ma fuori dalle serre vive in regioni dal clima più mite. C’è anche un GINKGO BILOBA maschio ma con un ramo  femminile innestato, di 264 anni. C’è anche una MAGNOLIA SEMPREVERDE di 230 anni, una delle più antiche d’Italia.

Nel chiostro della basilica di Sant’Antonio c’è anche una grande MAGNOLIA sempreverde. E’ originaria degli Stati Uniti ed è stata fra i primi alberi a mettere fiori a corolla. Il metodo più antico di impollinazione, attraverso il vento che trasporta il polline dalle infiorescenze maschili a quelle femminili, tuttora usato dalle conifere, è stato migliorato con i fiori a corolla i cui colori, profumo e nettare attira api, bombi, farfalle che, nel visitarli per nutrirsi della generosa offerta, si impolverano di polline che poi, nella visita al successivo fiore, della stessa specie, lo fecondano. Coi frutti, l’albero segue lo stesso lungimirante procedimento di attrazione con colore, profumo, polpa in modo che uccelli e piccoli mammiferi, nutrendosene e trasportando il seme al suo interno, propaghino la specie il più lontano possibile.

A Vigodarzere c’è quella che era la certosa di Padova, adesso proprietà privata. Lasciata l’auto in un grande parcheggio, in 10 minuti si può raggiungere il complesso. Costeggiandolo sul lato nord, si vede in mezzo ad un campo uno splendido PLATANO di 300 anni circa, col tronco dalla circonferenza di 6 metri ed un’altezza di circa 25. Da lì, sull’argine del Brenta si vede un’altrettanto bella quercia FARNIA, col tronco dalla circonferenza di 4 metri ed un’altezza di almeno 20.

Ad Arquà Petrarca, quasi tutti i giardini sono ornati da bellissimi alberi di GIUGGIOLO, perché con i suoi frutti si fa il  “brodo di giuggiole”, marmellate ed altro. Il più antico fra loro si trova nel cortile del ristorante LA PERGOLA.

Prima di arrivare a Baone, lungo la strada si vede una bellissima QUERCIA ROVERE, dalla forma armoniosa come tutti gli alberi che crescono con sufficiente spazio attorno a sé. La quercia è uno degli alberi più robusti e antichi dell’Europa e dell’Italia. Le sue ghiande sono state usate in passato anche per farne farina per il pane o per nutrire i maiali. La corteccia, ricca di tannini, cura molte malattie della pelle. E’ stata un albero sacro in tutto il mondo antico

Ad Este, appena dentro le mura del castello, si vede un bellissimo GLICINE ultracentenario.

Sempre ad Este, in via Borgo Furo 4, dove da molti anni c’è una pizzeria nella barchessa che era appartenuta alla villa Treves lì vicina, c’è una SOPHORA JAPONICA PENDULA di oltre un secolo. Questo tipo d’albero è fra i più spettacolari, con i suoi rami contorti come serpenti ed i rametti minori in forma d’arco. Perde le foglie solo a Dicembre e dalla primavera ne viene ricoperta come da una corazza.

A Tribano, davanti al municipio e circondata da una ringhiera c’è una bella MAGNOLIA di oltre un secolo.

A Frassanelle, una frazione di Rovolon, lungo la strada si vede l’ingresso alla proprietà Frassanelle, adesso azienda agrituristica, che nel parco ottocentesco ha vari grandi alberi, fra cui un LECCIO lungo un sentiero sulla collina.

 

Alberi monumentali del Veneto, provincia di Rovigo

by 15 Dicembre 2008
platano di Lendinara

platano di Lendinara

 

Arrivando a Villadose, si incrocia la via Garibaldi a destra e a sinistra. Sulla destra, al n. 52 c’è una villa che, proprio vicino alla strada ma nascosto dalla siepe ha un antico FRASSINO di 400 anni, dal tronco basso completamente cavo. Questo tipo di albero di solito cresce in montagna ed è molto alto, salvo se lo si tratta a ceduo, vale a dire che si tagliano i suoi rami fin da giovane per utilizzarli come combustibile o per farne attrezzi resistenti all’usura, ad un’altezza di circa due metri da terra. In questo modo il tronco si espande molto e le possenti radici aiutano una rapida ricrescita di nuovi rami, al riparo dal morso del bestiame.

Nel comune di Ariano nel Polesine, oltre Piano di Rivà, sulla provinciale romea al km 6, vicino ad un edificio rurale abbandonato c’è un GELSO di un paio di secoli, molto grande ma con parecchi grossi rami spezzati e lasciati sul posto. L’insieme è però molto suggestivo, anche se destinato a scomparire entro breve. Il gelso era molto diffuso fino a cinquant’anni fa nelle campagne, perché le sue foglie erano date in pasto ai bachi da seta. Quest’attività integrava i magri guadagni dei contadini.

Tra Roverdicré e Costa di Rovigo, lungo la via Garibaldi, prima della via Verdi attraversare il ponte e seguire la strada a sinistra. Ben presto si raggiungeranno due PIOPPI CIPRESSINI di circa 100 anni, molto alti, davanti alla fattoria Le Moline. Il pioppo è un tipo albero da zone ricche d’acqua. Questo genere, simile nelle foglie al pioppo nero, è solo maschio e non si riproduce dunque per seme

A Lendinara, lungo un canale si trova la chiesetta di San Rocco con accanto un poderoso PLATANO ORIENTALE di circa 300 anni, alto 36 metri e con un tronco dalla circonferenza di 9. Il platano è fra gli alberi più grandi e più belli che abbiamo in Italia, con la corteccia bianca rivestita di squame dalla bella forma a macchia, in delicati toni di beige, a volte sormontate a loro volta da ordinarie scaglie legnose.

A Fratta Polesine, nel giardino ottocentesco della villa Labia si trovano due TASSODI col tronco dalla circonferenza di circa 5 m. e un’altezza intorno ai 30. Ci sono anche dei FRASSINI notevoli, di cui uno col tronco dalla circonferenza di circa 4 m. e un’altezza di circa 30 m. Anche la MAGNOLIA SEMPREVERDE a più tronchi è notevole.

Nel comune di Adria, prima di arrivare a Cavanella Po, lungo la strada si nota facilmente un grande LECCIO di circa 150 anni, che si sporge verso la strada davanti alla villa Papadopoli del diciassettesimo secolo, dall’aria abbandonata. Il sempreverde leccio è una quercia che in questa provincia si trova solo dalle parti di Rosolina mare. Ha le piccole foglie di un verde tanto scuro da essere quasi nero e solo la pagina inferiore con la sua peluria chiara gli dà un poco di luce.

A Crespino, al numero 4 di via sant’Antonio, nei giardini di una villa abbandonata, trasformata in azienda agricola, ci sono 4 belle FARNIE centenarie, davanti alla casa colonica e una FARNIA altissima, di almeno trecento anni, fra altri alberi nel giardino davanti alla villa vuota

La famosa farnia di San Basilio non esiste più.

 

 

Alberi monumentali del Veneto, provincia di Treviso

by 14 Dicembre 2008
sophora japonica pendula di Tezze

sophora japonica pendula di Tezze

 

Passato Maser, a sinistra su una leggera curva, un antico BAGOLARO fa da spartitraffico all’inizio di una stradina secondaria. E’ capitozzato e dunque molto basso, dal grosso tronco che ha preso la forma di un corpo a metà fra l’umano e l’animale, con una folta zazzera fatta dalle sue foglie seghettate e appuntite. Questo tipo d’albero, frugale e resistente, dalla chioma a globo, è soprannominato “spaccasassi” proprio per questa sua qualità e “albero dei rosari” perché con i noccioli dei suoi frutti, piccole ciliegie scure gradite dagli uccelli, si facevano i rosari.

A Castelfranco, in piazza Giorgione al n.58a c’è un bel palazzo cinquecentesco che, al piano terra ha un bar. Entrando nella galleria sinistra, oltrepassare tutti i cortili condominiali e raggiungere l’ultimo, dove si trova una magnifica SOPHORA JAPONICA PENDULA, unica superstite del giardino padronale. Ha un’età stimabile intorno ai 200 anni. Si riconosce questo tipo d’albero orientale per i rami serpentiformi che terminano con archetti. Si ammirano meglio in inverno, quando si spoglia della sua fitta chioma a foglioline simili a quelle della robinia.

Lungo la strada principale di Castione di Loria si vedono le mura di cinta della secentesca villa Civran, adesso sede dei missionari Sacra Famiglia. Si vedono già da lontano le chiome di due bei GINKGO BILOBA alti all’incirca 25 metri, coi tronchi dalla circonferenza di 4 metri ed una possibile età di 200 anni. Questo tipo d’albero è fra i più antichi, esistente già in epoca giurassica. Ha le caratteristiche foglie a ventaglio che in autunno si fanno di un luminoso giallo

Ad Asolo, nell’arrivare al centro storico si vedono le ampie chiome di LECCI nel giardino della villa che era stata di Freya Stark. Sono bellissimi alberi di 150 anni circa, due dei quali proprio vicino alla strada e all’antico lavatoio.

Oltrepassata la bella villa, continuare sulla destra e scendere in via Foresto vecchio, una piacevole strada ben poco frequentata dalle auto, che porta fino al piano. Lungo il percorso c’è l’enorme ceppaia con una corona di nuovi rami di un CASTAGNO di circa 300 anni.

A Conegliano, vicino alla scuola enologica, all’angolo con la via XXVII Aprile, c’è un PIOPPO GRIGIO di circa 100 anni, molto bello. Questo tipo di pioppo è un incrocio fra quello bianco e quello tremulo

Sempre a Conegliano, al n. 4 della via Diaz, aperta in epoca napoleonica, c’è un CIPRESSO che ha più secoli.

Nel comune di Vazzola, a Tezze sul Piave, in via Tonini, 42, una magnifica SOPHORA JAPONICA PENDULA si affaccia da circa 200 anni sulla strada, da una collinetta in una proprietà privata. Questo albero di origine cinese, nonostante sia detto Japonica, è soprannominato albero pagoda a causa del fogliame fitto, disposto come tegole sopra archetti che partono da rami tanto ondulati sa sembrare grossi serpenti. Sembra di trovarsi sotto delle cupole architettoniche. Fiorisce ad anni alterni con grappoli di fiori bianchi e profumati. I frutti sono dei baccelli. Il rialzo su cui si trova potrebbe essere stato un’antica ghiacciaia. Forse, quando è stato piantato, si trovava nel giardino di una proprietà signorile, adesso molto ridotta.

A sud nel comune di Salgareda, lungo la strada in località Campodipietra, davanti alla barchessa della villa Carretta e dietro un capitello (altarino) barocco, c’è un PLATANO di circa 150 anni.

Andando Verso Vittorio Veneto, poco dopo essere entrati nel territorio comunale di Miane, sulla sinistra si vedrà la via del bosco di Madean. E’ una piacevolissima strada lungo la quale ci si può rendere conto dell’altitudine verso la quale ci si dirige, vedendo quali alberi si incontrano. Dapprima si trovano i castagni, che sono a loro agio dai 300 ai 700 metri. Fra loro c’è qualche aggraziata betulla, che condivide volentieri il loro spazio. Ci sono anche degli abeti rossi, piantati probabilmente da qualcuno, perché la loro altitudine preferita inizia oltre i 1000 metri. Finito il castagneto, si iniziano a vedere i FAGGI di cui uno, enorme, che si nota sotto il livello della strada, vicino ad una minuscola baita. Quello è un albero della probabile età di 300 anni ed un’altezza di 35 metri.

A Vittorio Veneto, sull’angolo fra viale Vittoria e via Trento e Trieste, c’è un bellissimo IPPOCASTANO di 140 anni, la circonferenza del tronco di 4 metri e l’altezza di 17- Questo tipo di albero si chiama così a causa delle sue castagne, usate come foraggio e medicina per i cavalli. Per questo in passato lo si piantava presso le stazioni di posta, dove sostavano carrozze e cavalieri.