I miei articoli

Dipendenza e autonomia

by 4 Febbraio 2007

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Se non conoscete la fantastica collaborazione che c’è fra le api e in gruppi di altri animali quando è necessario,  consiglio di leggere anzitutto l’articolo che vi accenna: “L’IMPORTANZA DEL SINGOLO“, settore ANIMALI. Ogni individuo agisce senza che alcuno gli dia ordini o suggerimenti, appena si accorge della necessità del proprio intervento. Questo avviene perché si riconosce, grazie all’odore, come membro di una comunità. Per istinto, sente che il proprio interesse dipende da quello di tutti gli altri. Questo istinto c’è anche nell’uomo, che è, però, molto più complesso. E’ la ragione per cui non si comporta nello stesso modo virtuoso. Anzitutto perché la maggioranza, il gruppo, la comunità a cui appartiene agisce in modo contraddittorio, sempre a causa della complessità dell’animo umano che ha sviluppato la coscienza, vale a dire la capacità di analizzare e affrontare situazioni nuove, non ancora assimilate dall’istinto.

La coscienza ha bisogno di tempo ed attenzione per capire cosa sia bene fare di volta in volta. E’ difficile e faticoso, perciò la sua educazione viene spesso trascurata. Per questo è molto spesso impreparata ed è poco capace di discernere, scegliere e mettere in pratica ciò che richiede sottigliezza di giudizio. Finisce col piegarsi a ciò che fa la maggioranza o il gruppo, o comunque chi ha un qualsiasi potere, (con un comportamento istintivo) anche quando non sia affatto la cosa migliore né per sé né per la comunità. L’istinto è eccellente in certi casi e non in altri. Purtroppo, poche persone si rendono conto di seguire condizionamenti atavici anziché la ragione e lo si constata ogni giorno anche solo nei comportamenti contradditori: si fanno molto spesso promesse che non si mantengono e si agisce in modo contrario a quanto si professa. Per non parlare dei comportamenti violenti e spropositati.

opera in carta di Peter Callesen – foto dal suo sito

Essere autonomi dipende dal saper distinguere di volta in volta se sia o meno il caso di seguire un comportamento codificato, come quello di adeguarsi al gruppo o chi ha un forte ascendente, oppure trovare una propria soluzione ed avere il coraggio e la forza di seguirla. I metodi per raggiungere una simile consapevolezza sono tanti, ma fra quelli che preferisco perché a disposizione di tutti è: la conoscenza della natura. Sapere almeno le cose più semplici che la riguardano, fa scoprire l’impulso creativo del mondo, di cui tutti facciamo parte e in cui tutti abbiamo un ruolo importante, anche se non sembra. E’ vero che il coraggio e la virtù di una sola persona, cambia poco intorno a sé. Perseverando grazie alla consapevolezza di essere parte di un insieme davvero straordinario, però, può arrivare ad affinare le proprie capacità ed influenzare positivamente individui che lo possono a loro volta trasmettere ad altri, fino a diventare una vera forza. Conoscendo la natura si vede che funziona così, sempre che la si guardi da una prospettiva positiva. Altrimenti non si nota che sopraffazione.

Chi è davvero autonomo ha anche uno spiccato senso di responsabilità e agisce in modo da soddisfare le proprie esigenze senza danneggiare gli altri. Trova il proprio spazio senza rubare quello altrui. Viene spesso disapprovato e contrastato, ma solo perché agisce in modo inconsueto, difficile da capire da parte di chi manca della stessa sua autonomia e consapevolezza.

Coltivare la propria forza interiore e al tempo stesso il senso di appartenenza al mondo nel suo insieme, più che ad un gruppo ristretto, rende capaci di sottrarsi alle imposizioni della maggioranza, quando sono irragionevoli o anche solo inutili. Senza sviluppare una simile autonomia, ci si corrompe facilmente appena si presenti l’occasione. Questo è successo a molti popoli, impreparati ad affrontare le influenze negative di altri. Succede anche ad animali virtuosi come le api. Infatti, i laboriosi e cooperativi insetti, se subiscono tali interferenze nelle loro abitudini da accorgersi che possono procurarsi il miele saccheggiando altri alveari, invece di produrlo da sole con fatica, aggrediscono e rubano.

Educando ed allargando il proprio mondo interiore, anche attraverso un vero avvicinamento alla natura, rende più autonomi nei confronti delle persone e capaci di trattare la televisione, il computer o qualsiasi altro strumento, cibo o sostanza, come mezzi che si possono utilizzare per ciò che offrono di buono, lasciando ciò che non lo è.

Funzionamento del cervello 1

by 4 Febbraio 2007

 

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Una delle cause dei conflitti fra esseri umani e del fallimento di molti buoni progetti è l’ignoranza sul funzionamento del cervello e dunque della psiche. Conoscerli almeno a grandi linee è un primo passo verso la consapevolezza, dunque verso la comunicazione fra forze opposte e complementari. Senza comunicazione restano solo opposte e si intralciano a vicenda. Come un architetto ed un muratore che non si parlino.

Si può guardare al cervello come ad un frutto, nel modo estremamente semplificato che ho usato per la mia illustrazione. Lo stelo che lo sorregge è la parte più antica ed indispensabile alla sopravvivenza, il midollo spinale, che presiede ai movimenti indipendenti dalla volontà come il battito cardiaco. Poi viene il cervelletto, che lo aiuta. Nella parte più interna e profonda ci sono il talamo e l’amigdala, antichissimi, dove convergono le sensazioni, comuni a tutti i viventi e le emozioni, che sono la spinta primaria per l’azione. La parte più recente e superficiale del cervello è la corteccia, molto sviluppata negli esseri umani e che presiede alle attività più raffinate. Si può dire che sia il centro dell’intelligenza o della qualità della vita, perché lì arrivano gli stimoli da ogni parte del corpo e da quelle più antiche del cervello. Lì avvengono le distinzioni e le scelte. Solo gli esseri umani l’hanno tanto sviluppata da aver assunto tutte quelle pieghe. Gli animali l’hanno relativamente liscia.

La corteccia cerebrale è divisa in due metà che presiedono anche a ciò che avviene nelle delle due metà opposte del corpo ed ha funzioni complementari. Le distinzioni non sono nette: sottigliezze, sfumature e scambi di ruolo sono numerosi ma, in una divisione sia pur approssimativa, possiamo riconoscere una metà con funzioni di sintesi ed una con funzioni di analisi. Dato che nel valutare qualsiasi cosa c’è bisogno che entrambe collaborino, se questo non succede si commettono molti errori. Perché avvenga il coordinamento e la collaborazione occorre scioltezza ed allenamento. Ogni rigidità, da qualsiasi parte venga, è un ostacolo.

Un passo importante per il coordinamento è la conoscenza: per qualsiasi attività umana, conoscere l’argomento è di indubbio aiuto, anche se non è risolutivo. Sapere che la corteccia cerebrale, quella che si occupa della qualità della vita, è più recente e dunque meno potente ed esperta delle parti più antiche ed efficienti, legati alle sensazioni ed emozioni, è un aiuto per iniziare una migliore gestione. In caso contrario, anzitutto ci sono le comunissime contraddizioni fra ciò che si dice e ciò che si fa, poi il lasciarsi trascinare dagli istinti e dalle emozioni anche nei casi in cui occorrerebbe usare la ragione. Sensazioni, sentimenti ed istinti sono utilissimi ma spesso sono male informati. La loro esperienza è fondamentale nei casi standard ma, nelle innumerevoli situazioni nuove che si presentano, hanno bisogno di essere educati e guidati, in modo che prendano la strada giusta.

Nell’articolo che riguarda i due emisferi, ci sono più dettagli

 

 

Funzionamento del cervello 2

by 4 Febbraio 2007

emisferi cervello

EMISFERI OPPOSTI E COMPLEMENTARI

 

I due emisferi della corteccia cerebrale, stimolati dai sensi percepiscono il mondo e gli rispondono. L’emisfero sinistro comanda anche la parte destra del corpo, quello destro lo fa con la sinistra. Con approssimazione, possiamo definire la parte destra del cervello capace di cogliere l’insieme e quella sinistra specializzata nell’analizzare i dettagli.

Entrambe le parti sono capaci di capire le parole e parlare, ma con modalità diverse: la sinistra capisce quelle espresse in modo razionale, mentre la destra coglie quelle cantate, narrate nelle storie, espresse in modo artistico. Una persona colpita da ictus nella parte sinistra, cioè la destra del corpo, sarà incapace di parlare e capire razionalmente ma potrà cantare e comprendere le canzoni, non saprà chiedere ciò di cui ha bisogno ma saprà bestemmiare per la rabbia. Infatti l’emisfero destro del cervello è quello sensibile a ciò che tocca l’emozionalità.

Nelle persone di mente elastica, la parte emozionale e quella razionale comunicano bene fra di loro ed i conflitti fra sentimento e ragione, come fra il dire ed il fare, saranno ridotti. In quelle più rigide sarà più facile farsi trascinare dall’istinto, credendo invece di seguire la ragione. In quelle troppo deboli saranno quasi inattuabili le decisioni razionali, anche se si crede che sia così.

Come sempre, è l’equilibrio fra i due opposti quello che permetterà di comportarsi in modo da poter di volta in volta decidere le cose più appropriate e dar poi seguito alle decisioni. Allo stesso modo sarà possibile distinguere fra sentimenti che derivano da oggettive sintonie o distonie, oppure quelle che derivano da impulsi profondi e nascosti.

Per riuscire a far dialogare le due parti di sé è importante cercare di lasciarle esprimere senza censure, pur tenendole sotto controllo. La repressione e la negazione, infatti, fanno rispuntare la questione in modo mascherato, che rende poi difficile riconoscerla e reindirizzarla.

Un modo molto efficace per lasciar esprimere qualcosa che si ritiene negativo consiste nel trasformarlo in atto creativo, come ad esempio nel teatro, nel canto o in altra forma simbolica. Per questo la creatività è efficace anche nelle terapie di malattie mentali gravi. E’ comunque potente quanto l’amore, perché ne condivide la natura.

 

 

Attratti dalle catastrofi

by 3 Febbraio 2007

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L’attrazione che molti provano per le notizie di violenza in ogni sua forma, a parte le motivazioni caratteriali è dovuto anche all’istinto di sopravvivenza. Infatti, sapere dell’esistenza di un pericolo, nell’immediato è più utile rispetto a conoscere qualcosa che è andato a buon fine. Anche l’emozione che rompe la monotonia della quotidianità ha una sua attrattiva. Inoltre, ciò che è violento ha effetti immediati e visibili, mentre un evento pacifico è molto più lento e discreto.

Lasciarsi attrarre da questo, però, ha una reale utilità solo in qualche caso: ad esempio, se se viene a sapere che è in arrivo un’inondazione, un esercito nemico, una vera emergenza. In tutti gli altri casi è in parte una perdita di tempo e di energia, che si potrebbe invece impiegare per qualcosa che serva realmente ad un miglioramento delle proprie prospettive e ad emozioni più profonde e soddisfacenti.

Chi abbia sviluppato sufficiente consapevolezza da sapersi sottrarre a stimoli non funzionali saprà distinguere di volta in volta se sia il caso o meno di prestare attenzione. Imparare a distinguere per poter scegliere è il compito della ragione che ha bisogno di tempo e di calma per analizzare le informazioni in arrivo. Tempo e calma mancano alla maggior parte delle persone con motivazioni spesso solo apparenti. Infatti, se analizzassero la reale utilità delle attività da cui sono prese, scoprirebbero che in buona parte sono superflue. E’ dunque un cerchio che ha bisogno di essere aperto. A volte sono le circostanze esterne che lo fanno, come una malattia che costringe all’immobilità e fa scoprire quanto il correre appresso a cento cose sia dovuto solo ad un condizionamento.

Ogni funzione ha una sua utilità quando è ben impiegata. La capacità di fare del male è utile nella legittima difesa così come quella di fare il bene è importante per vivere meglio. Basta sapere come e quando utilizzare una cosa o l’altra e questo è possibile nella misura in cui si diventa consapevoli. Il primo passo è conoscere come funziona l’animo umano.

 

 

Per passare dal dire al fare

by 3 Febbraio 2007

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Dove si parla di cultura per uno sviluppo innovativo e sostenibile, un posto importante spetterebbe alla difficile psicologia  dell’umanità, perché cultura e sviluppo sono nelle sue mani. Anche le migliori idee non possono avere successo se non trovano condivisione e le minacce di catastrofi incombenti non sono di grande aiuto per slegarsi da un modo di vivere inadeguato, da cui è difficile liberarsi con la sola buona volontà. Si ribadisce l’importanza del dialogo ma, come si faccia a realizzarlo, è spesso un enigma per chi non sia naturalmente dotato in questo senso. Si parla di tolleranza e rispetto senza sfiorare l’argomento su come favorirli con metodi non violenti e laici.

La comunicazione fra esseri umani è una delle imprese più difficili della vita, anche a causa della quasi totale ignoranza sul suo funzionamento. Appena si tocca un argomento che abbia un poco di complessità, nella maggior parte delle persone si trova resistenza non solo a capirlo, ma addirittura a volerlo conoscere. Si alzano barriere di difesa che vengono dalla parte più antica del cervello: quella degli istinti che diffidano di ogni novità in quanto possibile pericolo. Solo nella misura in cui c’è consapevolezza, coraggio e libertà avviene il contrario: la diversità e la complessità vengono allora percepite come maggiore possibilità di successo. La consapevolezza dipende dalla predisposizione quanto da un lungo allenamento all’ascolto e all’osservazione, all’autonomia e alla generosità. Presuppone la conoscenza di sé e degli altri, nel sapere riconoscere e distinguere. Raramente la gente si rende conto di agire in modo istintivo, anziché razionale e di rispondere a dinamiche di gruppo, invece di fare scelte individuali. E’ grazie a questo che si diventa vittime di truffe e inganni di ogni tipo, si commettono ingiustizie e violenze anche senza averne l’intenzione.

 

SOLUZIONI CREATIVE

Un modo tra i più creativi per ottenere buoni risultati, soprattutto dove la violenza privata e pubblica era molto forte, è stato sviluppato dal direttore di teatro Augusto Boal in Brasile, circa 40 anni fa con il Teatro dell’Oppresso, arrivato poi anche in Europa. Attento meno all’aspetto artistico che a quello sociale, prevede per il pubblico la possibilità di intervenire nell’azione scenica. Infatti attraverso la “prova” di come risolvere i problemi causati dai propri lati oscuri, si arriva più facilmente a sperimentare come farlo nella realtà. Dalla violenza fisica a quella psicologica, l’oppresso e l’oppressore possono così riuscire ad indebolire l’invisibile catena che li tiene legati.

Alejandro Jodorowsky, scrittore, attore e regista di origine russa e nato in Cile ha dato forma, invece, alla “psicomagia”, espediente molto efficace e teatrale per intervenire positivamente nei drammi su cui la ragione non ha potere. Anche in questo caso la finzione, pur riconosciuta come tale, agisce sulla realtà interiore più di qualsiasi “oggettività”. Attraverso l’esercizio di azioni adatte a comunicare con quel lato di noi stessi che è come si trovasse al di là di un vetro, si arriva ad una maggiore serenità e ad un conseguente miglior rapporto con il mondo.

C’è poi è la terapia strategica per cui Giorgio Nardone e Paul Watzlawick hanno creato ad Arezzo il centro omonimo. Dalla rapida terapia per i casi acuti si passa al dialogo strategico per tutti, semplice nei principi ma che richiede parecchio esercizio nell’applicazione della tecnica. Il merito di Giorgio Nardone è di aver spiegato il metodo con chiarezza nei suoi libri. Si basa su un principio all’opposto di quello con cui si viene allevati e da cui siamo continuamente circondati e bersagliati; inizialmente sembra impossibile riuscirci. Tuttavia, se si vuole trovare un’intesa con l’interlocutore, occorre saperlo dapprima seguire nella sua logica, (qualunque sia) per arrivare insieme a conclusioni soddisfacenti per entrambi. Senza un vincitore ed un perdente, dunque, e di conseguenza senza la quasi inevitabile ritorsione, magari inconsapevole. Il prof. Nardone, fa conoscere diverse varianti per le più diverse applicazioni, ma il principio è quello usato fino dall’antichità ed in tutte le culture ai fini della persuasione.

L’approfondimento dell’aspetto empatico del metodo, che ha analogie con il dialogo strategico e la programmazione neo-linguistica, lo presenta il prof. Marshall B. Rosenberg, direttore dei servizi educativi del Center for Nonviolent Communication. Nei suoi libri insegna come trasformare la conflittualità provocata dai giudizi, (in cui siamo immersi) in espressione di sentimenti, bisogni e richieste.. La trasformazione delle parole trascina quella dei pensieri e dei sentimenti, intervenendo gradualmente sullo stile di vita.

Senza bisogno di anni di analisi, di costosi e complicati sistemi, si può usare con profitto la creatività, verbale o di qualsiasi altro genere, gratuita, non inquinante e presente in tutti, sia pure in misura diversa.  Anche quando sia riconosciuta come grande risorsa, pochi ne comprendono i meccanismi e, di conseguenza, non le vengono concessi i mezzi necessari al suo sviluppo: tempo, anzitutto. Proprio la cosa che manca di più nei paesi ricchi, dove invece avrebbe i mezzi per essere messo a frutto. Attenzione e concentrazione, altro bene che si dilegua nel correre dietro a cose di cui si potrebbe fare a meno.

Ma da qualche parte bisogna pur cominciare…

La recensione di un libro di Giorgio Nardone si trova nella sezione Libri selezionati col titolo di Psicosoluzioni, un altro di Andrea Fiorenza, collaboratore di Nardone è Bambini e ragazzi difficili, uno di Alejandro Jodorowski è La danza della realtà,  mentre di Rosenberg c’è Le parole sono finestre.  Molti altri libri nella stessa rubrica sono utili per comprendere l’animo umano

 

 

La tacchina e la puzzola

by 3 Febbraio 2007

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Una tacchina aveva avuto da poco la soddisfazione di veder uscire dalle sue uova tutti i pulcini. Cominciavano già a becchettare e lei li seguiva nel cortile,  accorrendo in soccorso di chi faceva sentire con più forza il suo pigolio. Solo uno, più debole, stava zitto e restava in disparte. Lei aveva finito con l’aggredirlo, non perché fosse una cattiva madre, ma perché il suo comportamento seguiva quello delle sue antenate, quando milioni di anni prima vivevano libere e dovevano essere sempre attente ai pericoli della vita selvatica. Anche se lei viveva in un pollaio, ben protetta dal suo padrone, continuava ad essere spinta da un istinto che, dato il grande cambiamento delle condizioni di vita, oramai non avrebbe più motivo di essere.

Il padrone della tacchina, che era uno studioso, lo sapeva bene: aveva osservato sempre gli animali ed anche gli uomini, scoprendo quanto si assomigliassero nei comportamenti pur credendosi, invece, sempre superiori. Basano l’orgoglio della parola “umanità” sulla coscienza e la protezione dei più deboli, senza far caso a quanto, con i fatti, contraddicano molto spesso questo ideale. Come gli animali, fanno fatica a distinguere e scegliere fra diversi segnali in contrasto e spesso seguono impulsi antichi, anche quando non sono adeguati alla situazione.

Lo studioso voleva fare un esperimento in proposito con la tacchina, che riconosce con la vista ciò che ha intorno ma l’udito, in certi casi, prende un’importanza molto più grande. Ci sono buone ragioni per questo, perché nel buio o nella confusione i suoi pulcini li  trova ben più facilmente seguendo il loro richiamo che cercando di vederli.  L’uomo si era procurato una puzzola impagliata. Lei forse non ne aveva mai vista una prima di quel momento ma, quando le era stata davanti, riconoscendo nella forma pelosa il pericolo, aveva cercato di aggredirla a beccate.

Lo sperimentatore glie l’aveva tolta dintorno e, registrato il pigolio del pulcino più vivace, lo aveva inserito in un piccolo apparecchio dentro la  puzzola impagliata. Quindi glie l’aveva avvicinata nuovamente. La tacchina, sentendo la nemica fare cip cip era rimasta interdetta; poi, non più aggressiva, dopo aver ascoltato per un poco si era fatta benevola. Sembrava che l’aspetto della cacciatrice fosse cancellato dal suono familiare, più netto, più antico, meglio inciso nella sua memoria di difesa, al punto da annullare l’avvertimento della vista. L’aveva addirittura presa sotto la sua ala, senza far caso alla gigantesca differenza fra i suoi piccoli e quella che, di loro, aveva solo la voce.

La tacchina, aggressiva verso tutti quelli che si avvicinano ai suoi piccoli come possibile pericolo, non li distingue con la vista, che pure funziona, ma con l’udito che il suo antico sistema di difesa ha reso per lei molto più importante quando diventa madre.

I messaggi contraddittori dei sensi li risolve dando ragione al più forte, invece che al più utile per l’occasione. Così funziona l’istinto, profondo come il solco che lasciano le ruote su una strada di terra. Così avviene anche negli esseri umani. Solo se prendono il tempo per riflettere, conoscere e distinguere, evitano di comportarsi allo stesso modo.

 

Tratto dal mio libro Viaggiare come la luna – per conoscere chi e cosa fa il mondo migliore, che ha ripreso la storia da Le armi della persuasione