I miei articoli

Alberi frangivento

by 2 Febbraio 2007

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Per impedire che il terreno dei campi o dei giardini si asciughi troppo, per far rallentare il vento troppo invadente che inaridisce e si porta via la terra, per evitare l’avanzata dei deserti, non serve un muro. Infatti, una barriera così rigida crea, una volta oltrepassato l’ostacolo, dei turbini che accrescono il potere distruttivo del vento.

Occorre invece una barriera graduale, che lasci passare una parte dell’impeto e ne assorba il resto. Questo lo possono fare gli alberi. Naturalmente occorre scegliere quelli giusti e dispormi in modo corretto. Possono essere sempreverdi come i cipressi o a foglia caduca come i carpini che, però, mantengono le foglie secche sui rami fitti e sottili anche d’inverno. E’ bene che abbiano radici a fittone, come appunto i cipressi, i tassi, i lecci e gli allori o fascicolate, come i carpini bianchi. Devono avere tra di loro una distanza sufficiente a lasciarli crescere senza entrare in competizione con le radici e, una volta adulti, a lasciare un poco di spazio fra loro, in modo da non fare muro. Devono essere disposti in file parallele ed in ordine crescente nella parte che fronteggia il vento, poi decrescente il senso opposto.

Naturalmente la specie va scelta a seconda delle diverse caratteristiche del luogo in cui si impiantano, preferendo alberi locali e tenendo conto delle loro dimensioni da adulti.

Sono sempre gli alberi che possono impedire la desertificazione, ma naturalmente occorre piantare quelli dalle radici più profonde e dalla maggiore resistenza alla siccità. Occorre aiutarli quando sono piccoli, con accorgimenti che favoriscono la formazione di condensa dell’umidità notturna, che poi sgocciola verso le radici. Si possono utilizzare per questo scopo dei cumuli di pietre come i turat, oppure dei dischi scanalati posti intorno al tronco sul terreno.

 

 

Acqua: mantenerla e farla tornare per mezzo degli alberi

by 2 Febbraio 2007
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baobab malgascio a forma di bottiglia

 

Perché l’acqua torni ad occupare falde più alte nel terreno, così che si attenuino i problemi di approvvigionamento che in futuro si faranno sentire sempre di più, ciascuno può fare qualcosa per suo conto. Questo permetterà intanto di far fronte alle difficoltà immediate dei periodi di siccità, poi di contribuire al miglioramento della situazione comune.

Oltre a sprecare meno acqua negli sciacquoni, lavatrici e rubinetti anche grazie agli appositi riduttori di flusso, se si abita fuori città è possibile recuperare anche le acque di scarico con la fito-depurazione alla quale ho già dedicato un articolo. Il costo iniziale si ammortizza con una certa rapidità e permette di avere riserve d’acqua per attività nelle quali non serve quella potabile: ad esempio per la lavatrice, l’irrigazione del giardino e dell’orto. Poi si può realizzare una cisterna per il recupero dell’acqua piovana. Queste sono tutte pratiche già largamente in uso da anni oltralpe. Un intervento significativo viene, però, dagli alberi, che portano in superficie l’acqua sotterranea e la fanno ritornare nelle falde per la stessa via, lungo le radici, durante le piogge. Un prato senza alberi la lascia scorrere via o evaporare, oltre a disseccarsi con rapidità a causa della mancanza d’ombra e ad impoverirsi ed imbruttirsi per l’assenza di tanti piccoli animali, come gli insetti e gli uccelli, che sono fondamentali per l’equilibrio della natura con mille piccoli interventi concatenati. Basti pensare al fatto che, senza api, le piante da frutto non produrrebbero più niente e così moltissime altre.

 

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Anzitutto è bene privilegiare alberi che di acqua ne richiedano poca, così che possano resistere ai periodi critici. (vedi articolo piante che resistono alla siccità) Poi vanno piantati nel posto giusto, in modo che facciano ombra senza togliere la luce quando serve. Devono essere di un genere che cresca nelle proporzioni adatte a non diventare pericolosi per l’incolumità, in caso di forti temporali. Inoltre bisogna sapere che tipo di radici hanno, affinché non danneggino le fondamenta delle case e l’asfalto delle strade. Infine è opportuno conoscere che tipo di fiori e frutti fanno, perché alcuni possono essere fastidiosi. In questo modo non occorrerà fare potature, spesso realizzate in modo barbaro ed incompetente, che indebolisce ed imbruttisce gli alberi.

Il loro buon funzionamento, così come di qualsiasi altra cosa, dipende dall’equilibrio fra controllo e libertà. Gli eccessi in un senso o nell’altro sono fortemente controproducenti. Il lavoro che danno, nello spazzare le foglie, i fiori ed i frutti che cadono, è largamente ricompensato dai vantaggi nella soddisfazione di vedere i buoni risultati non solo in termini pratici, ma anche estetici e psicologici.

Gli alberi adatti dovrebbero essere piantati nei parcheggi, intorno ai capannoni industriali, intorno al perimetro dei campi. Questo dipende in gran parte dall’impegno dei privati. E’ un’azione lungimirante, che dà risultati nel tempo e che può essere realizzata dando lavoro ai propri famigliari disoccupati oppure a persone in attesa di impiego. Naturalmente occorre una formazione in merito, per la quale basta un tempo relativamente breve per le basi, che si potranno allargare man mano che il lavoro procede.

Nel settore pubblico poi andrebbero messi a dimora alberi nei parcheggi cittadini, lungo gli argini dei corsi d’acqua e in tutti i luoghi possibili. Purtroppo sono pochi i responsabili di questo settore che abbiano una cultura naturalistica appropriata. Così vengono prese decisioni pessime, come se la natura non avesse alcun ruolo nel benessere delle città. Per questo gli allagamenti, le frane, i crolli sono frequenti. Per questo i consumi per il condizionamento dell’aria sono sempre più forti e le spese sanitarie causate dall’inquinamento aumentano. Non si vedono subito, ma sono forti.

 

 

I MAESTRI D’ACQUA

by 2 Febbraio 2007

 

 

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E’ nel Sahara che si trovano i grandi esperti d’acqua, discendenti di quelli che hanno fatto nascere le oasi, secoli fa. La consapevolezza di quanto sia prezioso quel liquido trasparente, è forte in chi l’ha saputo ottenere lavorando in armonia con la natura, dopo averla osservata e capita. Con pazienza, creando canali e cisterne per trattenerla quando una volta l’anno, ogni tre anni, ma a volte anche dieci, un grande acquazzone scarica tutto in una volta il peso delle nuvole. E poi distribuendola con sapienza, centellinandola, facendola scorrere in rivoletti attraverso gli orti all’ombra delle palme da dattero, che proteggono gli alberi da frutto e le verdure. Il maestro d’acqua è un saggio che sa amministrarla con oculatezza per fare in modo che duri a sufficienza, per poi recuperarne una parte anche dopo che sia evaporata. E’ in questa raffinata operazione che brilla l’ingegno umano. Quando viene la notte, col freddo l’umidità dell’aria si condensa sulle dune di sabbia e scivola piano dentro le aperture scavate con cura. Cola nelle parti più fresche, dove una rete di canali la guida nelle cisterne, per poter essere di nuovo portata agli orti e ai giardini. Nel deserto, le oasi sono nate grazie a questo metodo, chiamato foggara, a cui deve la vita anche la città di Ghardaia, dell’undicesimo secolo, in Algeria.

Dove c’è abbondanza di acqua, viene comunque valorizzata ed usata per raffrescare l’aria attraverso le fontane, nei cortili delle case e dei palazzi. (vedere ARIA CONDIZIONATA NATURALE in questa stessa sezione).

Recuperare l’acqua piovana convogliandola in cisterne, togliere l’impermeabilizzazione di cortili e parcheggi per lasciarla penetrare nel terreno, depurare quella degli scarichi col metodo della fito-depurazione (vedere nella sezione PIANTE) sono azioni che consentono di rallentare il danno all’ambiente causato dalle nostre attività.

Anche piantare nel proprio giardino alberi e piante ornamentali che abbiano bisogno di poca acqua è un modo per ridurre le irrigazioni estive ed evitare che, nei periodi di siccità, addirittura muoiano. (vedere PIANTE CHE RESISTONO ALLA SICCITA’ nella sezione PIANTE)

Mettere un riduttore di flusso ai rubinetti e qualche mattone negli sciacquoni per evitare che ogni volta buttino via una gran quantità d’acqua potabile, saranno altri contributi positivi. Infine, evitare il consumo di quella in bottiglia risparmierà la produzione e lo smaltimento della plastica, l’inquinamento col trasporto via camion e soprattutto lo spreco di 10 volte tanto nelle fasi della lavorazione. Ormai quella dell’acquedotto è migliore e più controllata.

 In molte città ci sono ormai fontanelle con acqua liscia e gassata, che permettono di rifornirsi gratis o con poca spesa, riutilizzando le bottiglie di plastica che, altrimenti, dovrebbero essere prodotte e poi smaltite, oltre che trasportate, con notevole inquinamento e costi inutili.

Se vogliamo che chi prende decisioni per tutti abbia sensibilità per la sostenibilità ambientale e la qualità della vita, è bene che ciascuno di noi faccia per primo lo sforzo di crearsi una cultura in questo senso, perchè le idee e la mentalità sono contagiose.

 

 

Aria condizionata naturale: crotti, covoli, stanze dello scirocco, sassi di Matera

by 2 Febbraio 2007

 

 

crotto a Prata di Camportaccio (SO)

A sud di Vicenza, nel paesino di Costozza tutto ville antiche e giardini, al riparo di una falesia dei monti Berici ci sono i covoli, che un tempo erano cave di pietra sotterranee. Le ville vicine e un ristorante, realizzato nei locali che facevano parte della residenza più importante, in estate aprono le porte che dalle loro stanze portano alle grotte, dove la temperatura resta tutto l’anno fra i dieci ed i diciotto gradi. L’aria fresca si mette in circolo, rendendo il soggiorno gradevole, senza spesa, senza inquinamento e senza danno per la salute. In inverno, però, anche dieci gradi sono una temperatura relativamente confortevole e, spesso, ben più alta di quella esterna. Così la stessa aria che d’estate fa da condizionatore, può aiutare a riscaldare i locali, impedendo che diventino troppo freddi durante la notte.

A Chiavenna e dintorni, in provincia di Sondrio, dove giganteschi massi sono rotolati dalle montagne in epoca glaciale, l’aria alla temperatura costante dei soliti dieci gradi che spira dai loro interstizi, raffresca i crotti. E’ così che si chiamano i locali costruiti lasciando come parete di fondo la roccia con le sue aperture da cui spira aria fresca, così da poter usufruire della bassa temperatura per conservare i cibi, ma anche per mangiare e bere al fresco in estate. Le baite tradizionali costruite contro la parete di pietra e fra gli alberi sono interessanti anche per la loro struttura scalare, necessaria per avere sufficienti finestre e luce, dato che solo la facciata principale le può avere.

 

kaffeehaus sopra un piccolo locale interrato da cui arriva aria fresca – villa Pisani di Stra (VE)

 

A Palermo, invece, resta qualche stanza dello scirocco, che si usava un tempo per sfuggire al calore torrido dell’estate. Scavata nel tufo con delle prese d’aria, già di temperatura gradevole per la sua posizione sotterranea, era rinfrescata maggiormente dallo scorrere dell’acqua in canaletti lungo il suo perimetro. L’ingresso era chiuso da una tenda bagnata, per contribuire al raffreddamento, con l’evaporazione che sottrae calore all’aria. Nella chiesetta normanna di San Cataldo, le piccole cupole alte e strette, come in certe stanze del palazzo della Zisa, sono simili a torri del vento, che catturano parte delle correnti d’aria fresca per farle scendere verso le stanze e, con l’acqua, rinfrescarle maggiormente. L’aria calda, più leggera, risale verso aperture in alto e lascia spazio a quella fresca che scende, per la gravità del suo maggior peso. Erano stati gli arabi, durante la loro dominazione, ad insegnare simili accorgimenti ingegnosi, imparati certo anche dalle termiti, in tempi antichi.

A Matera sono state recentemente restaurate le abitazioni scavate nel tufo, abitate fin dai tempi più lontani, diventate insalubri a causa del sovraffollamento e della scarsa igiene ma adesso abitate dalle classi sociali elevate più sensibili all’ecologia. Qui il condizionamento dell’aria in estate è superfluo, grazie alla temperatura costante sotto terra. In inverno il riscaldamento può essere molto ridotto per questo ma anche per l’esposizione delle facciate al sole basso.

 

Fito-depurazione: come lavorano le piante

by 2 Febbraio 2007
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impianto di fito-depurazione realizzato negli anni 70 a Berlino

 

Tutti i vegetali sanno trasformare elementi di scarto di varia natura, rendendoli utili come nutrimento per sé e per l’ambiente circostante. Applicando questa conoscenza alle necessità pratiche di depurare le acque reflue domestiche e, a volte, industriali, si sono utilizzate le piante che normalmente vivono in ambiente umido. Creando vicino alle abitazioni, un percorso che renda possibile la raccolta, la sedimentazione e il deflusso delle acque grigie e nere, si sono realizzati impianti non solo rispettosi dell’ambiente, ma anche dell’estetica. Occorre un bacino impermeabilizzato e riempito di ghiaia, dove far crescere piante palustri, che coi loro rizomi sono particolarmente efficaci nell’assorbire sostanze inquinanti e nell’ossigenare l’acqua. Infatti trasportano ossigeno dalle foglie alle radici, sulle quali aderiscono i microrganismi che partecipano alla trasformazione di azoto e fosforo del refluo, in gas. Questi, nell’aria vengono catturati con le foglie da altre piante e trasformati in cibo.

Un simile sistema è consigliabile in modo particolare per case singole che si trovino fuori dal centro abitato. E’ però possibile realizzarlo anche in città, come è successo a Berlino, già negli anni ’80. Qui, un ampio spazio di terreno fra condomini è stato riservato, con risultati estetici molto gradevoli, ad un sistema elegante e discreto di depurazione delle acque di scarico, tramite il lavoro delle piante. Diecimila metri quadrati mossi da rilievi, alberi, arbusti, sono un piccolo parco in cui la conservazione e depurazione delle acque piovane ha permesso di realizzare laghetti in cui vivono pesci e nuotano bambini. Le stesse vengono utilizzate anche per certi usi domestici come sciacquoni e lavatrici, irrigazione del giardino e lavaggio delle auto.

La natura, comunque, ci aiuta in ogni modo quando ci impegnamo a conoscerla. I lombrichi sono ottimi depuratori di acque fognarie, così come i batteri, messi in condizione di lavorare. Il costo iniziale di ogni impianto innovativo viene ripagato dalla riduzione delle spese successive, dando un importante contributo alla sostenibilità ambientale e alla qualità della vita di tutti.

 

IL PULITO CHE SPORCA

by 2 Febbraio 2007

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L’ordine e la pulizia, che in sé sono positive, in certe persone finiscono col diventare un’ossessione dannosa e perversa. Non mi riferisco solo a quelli che puliscono sul pulito e riordinano ossessivamente, ma anche a chi, in buona fede, crede di seguire norme igieniche solo perché l’apparenza è tale. Ad esempio, chi fa la spesa e avvolge tutto in sacchetti di plastica, compresi i vasetti di yogurt, o che acquista le verdure già dentro le vaschette di polistirolo, sigillate da fogli adesivi. Apparentemente la praticità nel maneggiare e trasportare queste cose con imballaggi supplementari sembra giustificare un simile atteggiamento, che sarebbe comprensibile se si dovessero trasportare in un carro bestiame o se i bambini si divertissero a giocarci a palla. Invece, appena uscite dal supermercato, le persone che hanno fatto la spesa in questo modo la caricano subito in auto e la scaricano a casa loro. La precauzione è inutile ai fini igienici ma dannosa per l’ambiente.

Oltre al fatto che le verdure e la frutta così confezionate si deteriorano molto rapidamente già nel supermercato, a causa della mancanza d’aria, c’è spreco di materiale che costa ed inquina quando si deve produrre, quando si deve trasportare e quando si deve smaltire.

Anche l’uso di disinfettanti nelle case per rendere tutto asettico, inquina per il dover produrre quelle sostanze e successivamente per la loro presenza nelle acque di scarico, dove inibiscono un naturale processo di purificazione per vie naturali (ossigeno, raggi ultravioletti, radici e rizomi di piante). Pure l’effetto sulle persone è negativo perché, togliendo loro l’abitudine alle sostanze comuni nell’ambiente, si diminuiscono le difese naturali. Appena accidentalmente ci sarà un contatto con germi che in dose normale non provocano danni, chi se ne sarà tenuto troppo lontano, si ammalerà.

Ancora peggiore è il considerare sporcizia la presenza di foglie e ramoscelli caduti dagli alberi, che si depositano a terra. Se è vero che le foglie umide sono scivolose ed intasano, perciò vanno tolte dai marciapiedi e dalle strade, dai tetti e dalle grondaie, lasciarle sul terreno è bello, oltre a proteggere le radici delle piante dagli eccessi del freddo e concimarlo quando si decompongono. Se non si vuole rovinare il prato, si possono sminuzzare nell’apposita macchina e riversarle di nuovo dov’erano, dato che in quel modo svolgono la loro azione protettrice e nutriente e si decompongono abbastanza rapidamente da non danneggiare l’erba per la primavera.

Molti tagliano bellissimi alberi solo perché infastiditi dal dover continuamente spazzare sotto di loro. Sono quelli che considerano pulito l’asfalto ed il cemento solo perché richiedono poca manutenzione e non ci cresce niente sopra. Sono quelli che non riflettono neppure un instante su quanto un albero pulisca l’aria, mantenga sano il terreno, mite il clima, bello l’ambiente e via in una numerosa serie di virtù che giustificano ampiamente il lavoro che danno se si trovano presso le case. Conoscere le qualità degli alberi fa in modo che ci si rallegri di averli vicini. L’ignoranza in materia fa vedere solo gli svantaggi immediati e non i vantaggi a breve e lungo termine, così come il non conoscere una persona impedisce di apprezzarla. Se se ne ignorano le qualità, anche un sapiente o un benefattore dell’umanità può essere valutato solo per il suo bisogno di mangiare e di cambiarsi d’abito.

La sostenibilità ambientale e la qualità della vita dipendono da tante piccole azioni, apparentemente irrilevanti ma che, ripetendosi e sommandosi, creano effetti vistosi.