Il villaggio dove iniziò il cambiamento (TS)
“La libertà è terapeutica” è scritto a grandi lettere sul muro esterno di uno dei padiglioni che si trovano nella parte più alta del Parco di San Giovanni a Trieste. Alla sensazione di libertà allude anche la scultura cubista di un cavallo in bronzo, con le zampe ben piantate su un prato poco più giù e disegnato anche nel logo del parco. Fin dal 1908 sul colle di Trieste erano stati messi a dimora alcuni alberi fra i numerosi edifici di quello che voleva essere un ospedale psichiatrico moderno, non più fatto di un unico blocco chiuso, ma disposto come le case di un villaggio. E’ stato però più di sessant’anni dopo, con la guida di Franco Basaglia, che quell’idea si è avvicinata alla realtà. Restituiti per quanto possibile alla vita civile quelli che ne erano stati esclusi per la malattia mentale, quegli edifici hanno cominciato a ospitare attività di studio e di lavoro educativo, oltre ad offrire accoglienza temporanea per chi aveva ed ha bisogno di assistenza psichiatrica. I muri esterni dei padiglioni sono stati tinteggiati in giallo, coi serramenti in buona parte verdi o rossi, che mettono in evidenza con la vivacità dei toni l’energia, la spinta che vi si coltiva. L’Università ha stabilito qui alcune sezioni di scienze della terra e vi hanno sede una scuola, un teatro, due musei, così come le cooperative impegnate nell’inserimento in attività d’impresa di chi si trova in una situazione disagiata.
Gli alberi, che senza ricetta medica dispensano benefici al corpo e alla mente, hanno avuto sempre il ruolo importante di diffondere una tranquilla sensazione di stabilità e protezione, di essere presenze costanti e al tempo stesso accompagnare con la loro graduale, rassicurante trasformazione, quella umana. Un gruppetto di querce annose, ma anche tigli, platani, robinie, ippocastani, pini neri, e tutti quelli adesso molto più numerosi di un tempo intorno agli edifici, nel fare da filtro ai raggi troppo caldi del sole e mitigare le intemperanze del vento, danno esempio di quanto occorra rallentare e ammorbidire ciò che, lasciato all’impeto del momento, può far male. Tamerici dalla chioma vaporosa, alberi di Giuda dalle foglie rotonde e coi fiori di un acceso color magenta all’inizio della primavera, si associano con la vitalità dei colori alle tante rose in perenne fioritura fino all’autunno, sparse per tutto il parco e concentrate nella parte più alta, dove si trovano la chiesetta, il bar-ristorante, i laboratori, il centro di documentazione del parco. I triestini possono venire qui ogni volta che lo desiderano e che si svolgono attività culturali, per gioire della loro bellezza e del profumo, ma hanno anche la facoltà di consultare i libri della biblioteca di psicologia, attraverso cui conoscere la complessa, difficile e affascinante mente degli umani. Perché se con i sensi si ha un immediato piacere e sollievo, la conoscenza di quanto viene dal profondo è uno dei più importanti strumenti per affrontare gli scogli dell’esistenza, che possono portare se non alla follia, certo a sofferenze in sovrappiù. Per conoscere le tante qualità degli alberi, così che ciascuna persona sia in grado di favorirli nella risoluzione dei problemi ambientali, occorre invece rivolgersi alla biblioteca comunale in città.
Nel centro di documentazione del parco ha sede da tanti anni Radio Fragola, attenta alle questioni sociali e umane, che dà voce a chi abbia qualcosa da dire. Le fragole sono anche nel nome dell’Osteria sociale vicino al roseto più in alto, forse perché quei piccoli frutti di bosco sono piccoli, discreti ma con un sapore impagabile, come quello delle idee di chi cerca di trasformarle in realtà.
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