La Biston betularia che cambiò colore
Le delicate, eleganti betulle, che in gioventù hanno la corteccia bianca, prediligono i Paesi freddi, quasi volessero confondersi con la neve che ricopre la Siberia e la Scandinavia, dove ce ne sono grandi boschi. Sono bianche anche nel loro legno delicato e non potevano che attrarre una falena candida, con delicate screziature scure, così da potersi mimetizzare alla perfezione quando se ne sta aggrappata al loro tronco.
Nel diciottesimo secolo, con la rivoluzione industriale, quando in Inghilterra si faceva grande uso del carbone per far funzionare i macchinari, il fumo che usciva dalle ciminiere anneriva dapprima il cielo, poi man mano anche gli edifici e, infine, la natura. Il tronco delle betulle, per la prima volta perdeva il candore sotto la patina dei residui scuri. La falena Biston betularia non aveva una vita abbastanza lunga da essere sporcata al pari di tutto il resto, ma per lei non era affatto una consolazione, perché le sue ali bianche, sulle cortecce sempre più scure l’avrebbero resa visibile agli uccelli che se ne nutrono. Gli altri alberi candidi, come il pioppo bianco ed il platano, stavano seguendo lo stesso destino e, anche se si fosse trasferita su di loro, non avrebbe migliorato la situazione. Forse, allora, aveva cominciato a produrre per suo conto il pigmento scuro per somigliare, anche nella cattiva sorte, all’amata betulla. Forse, invece, le falene bianche venivano mangiate in gran numero, perché troppo visibili, mentre quelle scure della stessa specie, prosperavano. Per questo, nei due secoli in cui l’Inghilterra era stata imbrunita dal carbone, di falene bianche sulle betulle non se ne erano più viste. Finalmente, nella seconda metà del ventesimo secolo si era cominciato a diminuire l’uso di quel combustibile e, gradualmente, l’aria era tornata ad essere limpida. I fiumi e gli alberi riprendevano i freschi colori e le betulle ritrovavano il candore. Le falene bianche si erano fatte di nuovo numerose, con leggere screziature come tracce di matita, per essere sempre di nuovo tutt’uno coi loro alberi.
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