La casa dei bagolari di Prato
Se il 17 Gennaio, dal castello dell’imperatore di Prato si cammina verso il centro, fin dal mattino si sente un gran abbaiare venire da una piazzetta sulla sua destra. C’è uno strano assembramento di donne e qualche uomo, ciascuno con un cane al guinzaglio che si disputa con i vicini, aspettando di entrare da una porticina in un edificio antico, dove altre persone accompagnate dalle bestiole sono ferme sui pochi gradini. E’ la festa di sant’Antonio Abate, il giorno in cui si benedicono gli animali. Solo una targa sul fianco della porticina ed una lunetta di terracotta invetriata al di sopra, la indicano come ingresso alla cappella del santo. Un tempo alla cerimonia si portavano animali ben più grossi: asini, mucche, cavalli e pecore che in campagna, di certo ancora, in quel giorno sono riuniti davanti ai sagrati.
Poco più avanti, lungo il muro dell’edificio antico in cui si trova la cappella, il primo piano ha finestre senza vetri né persiane e sopra, dove il tetto non c’è, si espande la gran chioma a soffione di un paio di bagolari. Svoltato l’angolo per capire il mistero, ci si ritrova in una piazzetta con una doppia rampa di scale che porta ad un cancello. La sagoma in ferro di un albero si trova al culmine dei montanti, ma il portale è tutto chiuso e non lascia vedere ciò che c’è oltre. Occorre scendere e svoltare un altro angolo per trovare il portone della Provincia, proprietaria dei bagolari e del palazzo che nel diciottesimo secolo era stato dei Buonamici. L’illustre famiglia aveva desiderato un giardino e l’unico modo per dargli spazio era stato quello di sottrarlo alle costruzioni. Così, avevano demolito una parte dell’edificio più antico, lasciandone solo i muri esterni per circondare quello che sarebbe diventato un giardino pensile, sopra dei locali che forse servivano da deposito. Delle piante e della disposizione originaria non resta niente, ma i grandi alberi fanno una bellissima figura, avvertendo i passanti che nel perimetro in cui sono a dimora si è realizzato qualcosa da cui oggi, più che mai, bisognerebbe prendere ispirazione.