Licheni da mangiare
Sulle prime rocce emerse dall’oceano quando il nostro pianeta era ancora giovane, microscopiche alghe erano state raggiunte dalle spore di funghi. Le prime erano in difficoltà per la scarsità d’acqua, le seconde per la mancanza di cibo. Si erano unite mettendo in comune le reciproche capacità, diventando una cosa sola: i licheni. I filamenti sottili e tenaci dei funghi erano ideali per aggrapparsi alle rocce, la capacità di produrre cibo dall’aria era la specialità delle alghe. All’inizio sembravano solo macchie colorate, poi hanno cominciato a sollevarsi in foglioline dalle forme più diverse e con una bella varietà di colori, iniziando a viaggiare alla ricerca di qualunque superficie solida su cui installarsi. Col tempo sono nati i muschi, gli equiseti, i licopodi, le felci, gli alberi, tutti più esigenti dei licheni, che riuscivano a resistere persino nelle zone antartiche, nei deserti e sui vulcani. La loro capacità di adattamento era insuperabile, perché sapevano smettere di nutrirsi quando le condizioni diventavano davvero insopportabili, per poi ricominciare appena la situazione migliorava. Per riprodursi bastava che una piccola gemma si staccasse e si lasciasse portare via a crescere altrove. Oppure, quando le cellule di alghe incontravano quelle dei funghi, si univano come i loro progenitori e un nuovo lichene iniziava la sua vita senza pretese. Le rocce, intanto, si sgretolavano anche col loro contributo, si formava il terreno e tante nuove forme di vita animale e vegetale nascevano e si espandevano.
I licheni crescono con una lentezza tale da non progredire se non di pochi millimetri l’anno, ma vivono anche per secoli nelle condizioni più dure, purché senza inquinamento. Non hanno previsto la possibilità di liberarsi dalle sostanze tossiche come, invece, hanno fatto quasi tutti gli altri vegetali e animali. Molti di loro si installano sugli alberi, ricoprendo il legno di festoni color verde salvia, come l’Evernia prunastri, detta muschio di quercia perché cresce sulle querce ma anche sui pini, che oltre ad essere commestibile è usata come fissativo dei profumi ed è alla base di varie fragranze fresche, che evocano il profumo di legno. Altri licheni sono simili a una patina che pare d’oro, come la Xantoria fallax. Altri, come l’Usnea barbata, detto barba di bosco, medicinale e colorante, pendono dai rami simili a lunghe barbe grigie. C’è la Cladonia rangiferina che cresce sul suolo gelido dell’Antartide, dove le renne e caribù ne fanno il loro pasto. In Islanda la Cetraria islandica è mangiata dagli uomini e la Lecanora esculenta che prospera nel deserto, dove il sole la stacca e il vento la fa volare e poi ricadere dal cielo come una nevicata, era la manna che gli ebrei avevano mangiato durante il loro esilio biblico. L’Umbelicaria esculenta, detto “orecchio di roccia”, frequente nell’Asia orientale è consumato normalmente da giapponesi, coreani e cinesi. La Girophora umblicaria si dice che fosse il cibo salvatore delle truppe di George Washington nel 1777, durante la carestia. Occorre un lungo trattamento per rendere commestibili i licheni che da crudi hanno un sapore acido. Molti vengono chiamati muschi perché hanno un aspetto spugnoso, ma i muschi sono umidi e generalmente verdi, mentre i licheni sono secchi e in maggioranza di un bel grigio che tende all’azzurro.
La Rocella tinctoria era invece usata per tingere senza bisogno di fissativo e per colorare certi alimenti e le cartine tornasole, che rivelano il ph di un liquido virando verso il blu, se alcalino, verso il rosso se acido. Sembra che lo avesse scoperto per la prima volta fra gli europei il fiorentino Alamanno Rucellai quando, nel dodicesimo secolo, dopo aver orinato su un lichene delle isole Baleari, l’aveva visto diventare viola. Era stato ritrovato così il modo di tingere i panni di lana che avevano fatto ricca Firenze, conosciuta nel mondo ancora oggi per il viola delle maglie dei suoi calciatori. Il nome Rucellai si dice derivi da oricello, altro nome del lichene che ricorda la roccia su cui cresce.
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