L’imperatore degli Stati Uniti
Il 17 settembre del 1859, nella redazione del giornale San Francisco Bulletin entrò un uomo malvestito e sporco, chiedendo del direttore. E a lui spiegò di voler fare un annuncio alla popolazione attraverso il suo quotidiano: da quel giorno sarebbe stato l’imperatore degli Stati Uniti e protettore del Messico, col nome di Norton I. Forse fu il modo in cui la richiesta venne formulata o la simpatia per quell’uomo, ma contro ogni logica il direttore accettò di pubblicarla, perché era così sorprendente da garantire vendite straordinarie del giornale per la curiosità e il divertimento che avrebbe suscitato. Era una notizia capace di eclissare qualsiasi altra nell’intero Stato, anzi del continente e di movimentare parecchi giorni con la curiosità della gente verso una pretesa tanto stravagante. Chi era quell’uomo? Cosa gli sarebbe successo dopo una simile manifestazione di squilibrio? L’avrebbero subito rinchiuso in un manicomio o gli avrebbero dato corda? Il sedicente imperatore non era uno qualunque. Era stato ricco in passato, aveva vissuto nel lusso grazie alle sue imprese, ma un investimento sbagliato lo portò rapidamente al fallimento, riducendolo alla condizione di senzatetto. Si chiamava Joshua Abraham Norton, era di origine inglese ed era abituato a comandare, ad avere gente al suo servizio, a vivere nel lusso, ad incutere rispetto e anche nella sua condizione degradata aveva conservato la capacità di incuriosire, di interessare, di farsi ascoltare.
Così, invece di essere internato in uno di quei tristissimi, lugubri manicomi dove sarebbe stato dimenticato, aveva suscitato il più vivo interesse non solo nella gente comune, ma nelle personalità illustri di ogni genere, anzitutto in scrittori come Mark Twain e Robert Louis Stevenson. E chi non avrebbe voluto conoscere qualcuno di tanto singolare? Poteva avere perso il senno, ma conservava una sua dignità, modi educati e addirittura compiti, oltre alla capacità di imporsi fino ad una certa misura. Di insensato c’era la pretesa di essere imperatore in un Paese democratico, ma i suoi propositi erano quanto mai interessanti e all’avanguardia, come il miglioramento del sistema giudiziario, il rispetto e i diritti per i nativi americani e per i neri o il voto alle donne. Ispezionava i cantieri navali per migliorare le condizioni di lavoro e d’altra parte, quando andava alle prime teatrali il direttore lo faceva accomodare in un posto d’onore e nei migliori ristoranti otteneva gratis pasti luculliani. L’attrazione di una simile presenza ripagava abbondantemente ciò che riceveva e l’interesse per tanta originalità fu irresistibile addirittura nei confronti di un vero imperatore, quello del Brasile, Pietro II, che lo ricevette in udienza privata durante una sua visita a San Francisco. Norton I aveva la simpatia di tutti, che accettavano di buon grado le sue eccentricità ospitandolo e dandogli di che sostentarsi. Addirittura la polizia, dopo che un agente lo aveva arrestato per sottoporlo a cure forzate, si era dovuta arrendere all’indignazione dei cittadini, lo liberò e da allora lo aveva protetto e rispettato. Ai suoi funerali partecipò una folla enorme. Forse quella città ancora oggi così particolare aveva favorito ciò che altrove non si sarebbe verificato, forse una cosa simile poteva succedere solo in America, ma certamente quell’uomo aveva risvegliato in molti la speranza che l’impossibile sia questione di opinioni.
Su questa vicenda sono stati scritti più libri
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