Mangrovie di una storia indimenticabile
All’inizio dell’ottocento, una nave negriera aveva fatto naufragio vicino alla costa messicana, tra Acapulco e Puerto Angel, dove il mare alza onde gigantesche e la terra è incerta e lagunosa. I prigionieri superstiti avevano subito cercato rifugio nella selva, sfuggendo alle milizie all’opera per riacciuffarli. Nella laguna di Chacahua, invivibile per i bianchi, gli ormai ex schiavi avevano saputo nascondersi e poi insediarsi, fondando la prima e unica comunità libera di neri in Messico. Una simile straordinaria notizia aveva raggiunto le piantagioni degli Stati Uniti, dove i più coraggiosi che volevano sottrarsi alla loro inumana condizione, finalmente sapevano di un posto dove andare e una comunità di eguali presso cui stare, se fossero riusciti nella difficilissima impresa. A proteggere i fuggiaschi avevano contribuito le mangrovie del genere Rizophora mangle. Colonie di questo albero, con le innumerevoli radici aggettanti incrociate fra loro, facevano e fanno da scudo alle coste e all’entroterra contro le mareggiate, offrendo anche riparo a un gran numero di animali e vegetali. E nella loro qualità di vivipare non lasciano cadere i semi in acqua, dove non avrebbero futuro, ma li fanno germogliare su di sé e solo quando le piantine sono in grado di conficcarsi nel fango con una radice a fittone, le lasciano andare. Era la loro presenza a rassicurare gli ex schiavi in arrivo.
Si dice che gli uomini portassero con sé un’arma e le donne delle sementi nascoste nei capelli fitti e lanosi, dopo aver immerso la testa in un sacco che ne era colmo. Così, una volta arrivate a destinazione, scuotevano la testa sopra la terra di un campicello per farci crescere qualcosa con cui poi sfamarsi.
Ecco l’immagine che mi piacerebbe dessimo noi donne l’8 marzo, nella giornata internazionale in cui si ricordano le lotte e le sconfitte per un trattamento più giusto. Salvare e seminare idee che facciano germogliare una società migliore, coltivare una mentalità diversa da quella che genera incomprensioni, liti, guerre. E’ la strada più lunga e difficile, perché richiede prima di tutto un paziente lavoro su di sé, ben poco compreso e condiviso dalla maggioranza. E’ però anche pieno di scoperte appassionanti, come quelle che vi offro da anni sul sito, i libri, le attività che svolgo .
Per chi vuole conoscere i motivi per cui la mimosa sia stata scelta come simbolo dell’8 marzo, cliccare qui.
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