Museo delle erbe a Sansepolcro (AR)
I profumi delle erbe che si sentono entrando nel palazzo Bourbon del Monte a Sansepolcro, si intensificano man mano che si salgono le scale per raggiungere la prima sala del museo, in cui sono esposti i mortai di bronzo e di pietra, riempiti di fiori, di foglie, di steli disseccati. Quegli strumenti basilari per il lavoro di ogni erborista che possono essere semplici e lisci, fatti di legno, di pietra o di bronzo, sono stati spesso finemente decorati come le campane, di cui hanno la stessa forma e di cui condividevano gli stampi nelle fonderie produttrici.
Nelle teche, preziosi libri antichi mostrano le descrizioni e le illustrazioni sul trattamento di quelle che erano un tempo le uniche medicine disponibili, i tappeti le mostrano in forme stilizzate, le pitture le esaltano descrivendone forme e colori.
Le sale di tutto il piano espongono stampe con illustrazioni, pannelli che descrivono i percorsi storici della medicina erboristica, oggetti di vetro, di ceramica, di legno, di rame e di bronzo che aiutano a capire le qualità delle preziose essenze, utilizzate nel corso dei secoli. Alcuni riportano le formule che occorreva recitare nel cogliere o sradicare le piante da cui si voleva ottenere il beneficio e si comprende il rispetto e il timore che si aveva un tempo verso il loro potere. In Paesi dove persistono culture molto vicine alla natura, quando si coglie una pianta o si uccide un animale, ci si scusa per la violenza che gli si fa subire e lo si ringrazia per il vantaggio che se ne otterrà.
Il profumo nelle stanze si fa sempre più intenso man mano che le si percorrono, soprattutto all’inizio dell’estate, quando la gran quantità di erbe disseccate è appena stata rinnovata e collocata a portata di naso e di occhi. Quando si arriva nella cucina dove sono appese in grandi fasci al soffitto, facendolo apparire come un prato a testa in giù, se ne è completamente catturati e si fantastica di non volersene più andare da lì. La delicatezza di forme e colori vegetali si allea alla bellezza degli oggetti che servivano a trattarli, a conservarli, a venderli, all’eleganza e al calore del legno dei mobili su cui sono esposti, alla materia e al colore dei pavimenti. Nella sala che riproduce una spezieria, un grande alambicco di rame sembra un personaggio della fantasia e in quella del laboratorio ottocentesco un tripudio di oggetti delicati di vetro dalle forme più strane, rivelano di aver avuto un impiego curioso, come il tiralatte applicato ai seni delle madri e delle balie.
Dietro un cancello si vede la cella dei veleni, con i prodotti di cui la dose decide l’uso mortale o guaritore che se ne può fare e, dopo aver visitato la farmacia dell’ottocento, invece di andarsene si ricomincia daccapo la visita, sapendo che comunque non si riuscirà a vedere che una parte di ciò che andrebbe visto in questo piccolo museo antropologico, oltre che naturalistico.
Intanto, dalle finestre si guarda il bel giardino pubblico di fronte al palazzo, realizzato dal comune nel 1892, in occasione del quarto centenario dalla morte di Piero della Francesca, nato a Sansepolcro. Un ippocastano irraggia i suoi rami formando un fresco, gigantesco ombrello e ricorda nel suo nome, i cavalli a cui le sue castagne venivano date come foraggio e medicina.
Il cerchio si chiude.
Vicinissima a Sansepolcro, ma in Umbria, c’è San Giustino col suo museo del Tabacco e la ex repubblica di Cospaia