Museo di storia naturale a Calci (PI)
Nella serena campagna pisana della val Graziosa, per raggiungere la Certosa di Calci si passa lungo la galleria che, sopra il colonnato rosa dei fusti di legno, ha per tetto le nuvole di aghi verdi dei pini domestici. Dal parcheggio boschivo all’ombra delle querce, dopo pochi passi si ha davanti l’ingresso allo storico palazzo che svela il suo passato religioso nella chiesa, i corridoi, gli appartamenti, il cimitero. Il Museo di Storia Naturale è nell’altra metà della grande architettura, oltre il loggiato su due piani dove ad ogni arco corrisponde una finestra, qualcuna vera e altre simulate in affresco. Un dinosauro in atteggiamento pensoso vi passeggia davanti, o almeno così sembra, nonostante sia solo uno scheletro ricostruito e immobile.
E’ il primo tocco di un allestimento che evoca i poteri immaginativi della natura, suggestionando il visitatore che con gli occhi spalancati percorre le sale ben diverse da quelle degli altri musei, soprattutto nelle lunghissime stanze al piano superiore, dove lastre di vetro nel centro formano un lungo corridoio. Al suo interno animali tassidermizzati di ogni forma, dimensione e specie, vicini e tutti in atteggiamento di marcia, si guardano intorno mentre paiono migrare verso una terra dove rifugiarsi, come se avessero lasciato la loro devastata dalle fiamme o sommersa dagli oceani. Tigri e linci, orsi e ghepardi, armadilli e canguri, zebre e tapiri, prede e predatori, come nel momento del pericolo incuranti delle loro differenze, vengono dalla direzione opposta a quella da cui arriva l’umano in visita. Al piano più alto le vetrate sostituiscono i muri esterni, sotto il tetto di tegole sostenuto da possenti travi, che in passato proteggeva i monaci nelle loro rare passeggiate in giorni di maltempo. Il giardino e la campagna che stanno sotto e intorno, danno l’illusione di camminare in cielo e al tempo stesso nel mare, perché in quel loggione aereo stanno sospesi delfini e balene. Li si riconosce dai suoni che vengono dagli altoparlanti e li si crede vivi, a dispetto degli occhi che ne vedono solo gli scheletri.
Al piano terreno, per un breve tratto si cammina fra le piante che colonizzavano la terra più di trecento milioni di anni fa, quando gli equiseti erano alti come alberi, qui simulati in un paesaggio dipinto, insieme a lepidodendri, sigillarie e felci arboree.
Si chiama museo, ma è un’installazione artistica, un’esperienza da fare in pochi alla volta, perché la malia possa agire e fare innamorare della natura e della scienza che ce la fa conoscere.
Altri musei particolarmente belli di Storia Naturale si trovano a Milano e Trento
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