Pino cembro
I cirmoli si arrampicano fin quasi sulla roccia, dove c’è ancora un po’ di terra, perché sono loro gli ultimi alberi della montagna, gli unici a condividere col pino mugo la resistenza al freddo dei duemilaquattrocento metri. Il pino cembro è dell’antica famiglia delle conifere, che affida al vento il polline destinato ai fiori femminili, perché si possano trasformare in frutti, cioè pigne. Per far trovare terreni nuovi alla sua discendenza ha preferito, però, affidarsi a solide ali e non lascia che i coni si aprano semplicemente col sole, per far uscire i semi. Confida nell’uccello chiamato nocciolaia, dal becco abilissimo nel rompere i gusci più duri, per liberarli e portarseli via, lasciandosene sfuggire sempre qualcuno che possa germogliare fra una roccia ed un pezzo di terra.
I piccoli di questo bell’uccello che si nutre di semi chiusi nei gusci duri,come si intuisce dal nome, restano più a lungo di altri con i loro genitori, proprio per imparare la difficile operazione di estrarre i pinoli. Si aiutano anche incastrando le pigne fra le rocce ed ecco perché molti cembri vi crescono sopra, dopo che un pinolo estratto è sfuggito all’abile becco incrociato. Nascerà in quel caso un nuovo pino cembro, dalle forti e profonde radici, che crescerà piano piano, magari fra gli arbusti e in compagnia degli amici larici e ben riconoscibile dai ciuffetti fatti di cinque lunghi aghi striati di bianco. Solo a quarant’anni si sentirà pronto per fiorire e riprodursi. Ha secoli di vita davanti a sé.
Il legno profumato è il preferito dagli scultori per opere che oltre alla bellezza, mantengano l’aroma per anni. Anche i falegnami, soprattutto in passato, lo utilizzavano per tappezzare, pavimentare e ammobiliare l’unico locale riscaldato nelle case di montagna, che si chiamava Stua. In abbondante segatura ci si può immergere come in un bagno per rimediare a tensioni muscolari e dolori reumatici.
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