Platano del Piccioni ad Ascoli(AP)
Un albero con una forma ed una storia fantastica vive lungo una strada antica: la via salaria, col nome di un’epoca lontana in cui il sale era trasportato soprattutto lungo quel percorso, dal mare Adriatico verso Roma. A quei tempi era molto prezioso, oltre che per insaporire gli alimenti, anche per conservarli cospargendoli dei suoi grani, in mancanza di frigoriferi: carne e formaggio, soprattutto. Se ne conciavano le pelli, si facevano trattamenti medicinali e cerimonie religiose. Per questo i legionari venivano pagati con del sale, da cui deriva la parola salario.
Adesso, però, la via è quasi una superstrada ed il rumore del traffico disturba nel guardare l’enorme albero sull’orlo del dirupo, in fondo al quale scorre il fiume Tronto, appena fuori Ascoli Piceno.
E’ completamente cavo e l’apertura più grande del suo tronco, come una porta triangolare, è nascosta su un lato con altri due piccoli passaggi lungo la base. I rigonfiamenti ed i tre grossi rami simili a lunghe braccia alzate, completano il suo aspetto buffo ed animato.
Si conosce da secoli come platano del Piccioni, perché così si chiamava il suo proprietario nel settecento. Cent’anni dopo, però, un fuorilegge con lo stesso cognome si nascondeva nel tronco, quando nella sua cavità ci si poteva rifugiare solo calandosi dall’alto. Qualche anno fa è stato investito da un camion ma è rimasto intatto, a dimostrazione della sua grande solidità. E’ un genere d’albero fra i più robusti e solidamente ancorati al terreno, oltre ad essere fra i più grandi nelle dimensioni. Il tronco del Platano del Piccioni è insolitamente basso perché cresciuto senza concorrenti intorno che gli togliessero la luce, costringendolo ad alzarsi sempre più. E’ del genere orientale, diffuso in Italia prima che fosse ibridato con la specie americana chiamata occidentale, più slanciata e dalle foglie coi lobi meno incisi.
Nei Paesi mediorientali di cui è originario, il platano era considerato sacro alla Madre Terra e piantato presso fonti e templi. Cresce volentieri dove c’è molta acqua ma resiste bene anche alla siccità e all’inquinamento. Sotto la sua cupola di foglie, Socrate insegnava ed Ippocrate curava.
Tratto dal mio libro ALBERI MONUMENTALI D’ITALIA
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