Alberi monumentali del Molise, provincia di Campobasso
Nel centro di Campobasso, nel giardino davanti al convitto Mario Pagano, in via Mazzini, 1 c’è una bella SEQUOIA GIGANTE di oltre 100 anni. Questo tipo d’albero nel suo paese d’origine, la California, può diventare alto fino a 100 metri e vivere oltre i 2000 anni.
Dal bivio che da Campobasso porta a Gildone, dopo una discesa e dopo un distributore TOTAL si vede una bellissima QUERCIA isolata in un campo, lungo la strada. Ha la perfezione della forma. Le querce sono fra gli alberi più diffusi in Molise, Umbria, Marche e lo erano un tempo ovunque. La robustezza del loro legno è stata causa del loro taglio sconsiderato per farne navi, travi, traversine ferroviarie, mobili. I loro frutti, le ghiande, sono cibo per molti animali ma possono essere mangiate anche dagli uomini.
Nella parte alta di Jelsi, appena prima di una rotonda, sulla sinistra parte una strada che indica un gommista. Seguirla e passarci davanti, continuando poi per circa 3 km fino a che si raggiunge la contrada Macchione. Lì inizia una strada sterrata per un chilometro circa, che porta ad una QUERCIA ROVERELLA di 500 anni davvero magnifica, con la circonferenza del tronco di oltre 5 metri e l’altezza di 25. Accanto a lei ce n’è una di forse duecento anni. Appartengono alla famiglia delle querce le roverelle, i roveri, i cerri, le farnie dalle foglie lobate che cadono nel tardo autunno ma spesso rimangono anche in inverno, ormai secche, sui rami. Querce sempreverdi sono i lecci e le sughere.
Nella parte alta di Cercemaggiore una strada porta le indicazioni per il pastificio Spighe Molisane. Seguirla, oltrepassare il pastificio e prendere la prima strada a destra. Dopo circa due chilometri, in contrada Piscero c’è un grande OLMO di 220 anni circa, tronco circonferenza 3,50 ed altezza di circa 23m. Purtroppo su un lato ha perso molti rami ma nell’insieme è ancora bello. Gli olmi, molto diffusi in passato, sono stati in gran parte sterminati dalla grafiosi, una malattia causata da un coleottero arrivato dall’America con le casse dei fucili, che scavando gallerie nel legno favoriva il diffondersi di un fungo letale per gli alberi. Questi erano coltivati per dare le loro foglie in pasto agli animali o per usarle come medicinale per far rimarginare le ferite.