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Alberi Monumentali dell’Umbria, provincia di Perugia

by in Alberi Monumentali, Umbria
gelso di cenerente

gelso di Cenerente

 

A Città di Castello, dove il viale Nazario Sauro arriva ad uno sperone delle mura, ci sono dei bei FRASSINI di cui qualcuno centenario. E’ inconsueto trovare alberature del genere in città. Questo tipo d’albero è particolarmente opportuno qui, sul bordo dell’antico fossato. Infatti ha radici molto diramate e profonde, adatte a consolidare i dirupi. I frassini hanno cortecce grigie e, dopo che in autunno le foglie pennate diventate di un bel giallo sono cadute, rimangono i frutti alati a grappoli ancora sui rami spogli. Nel giardino del cassero, realizzato nel 1877 si nota in particolare un IPPOCASTANO dal tronco basso, con circonferenza di circa 5 metri, nella parte che confina con la piazza del duomo.

Appena fuori Spello c’è la seicentesca villa Fidelia il cui giardino pubblico, tutto di sempreverdi, ha centinaia di CIPRESSI, decine di LECCI, alcuni CEDRI, siepi di BOSSO e ALLORO. D’estate grandi vasi con piante di LIMONE trovano posto dopo aver passato l’inverno nella limonaia. Uno dei CIPRESSI ha la circonferenza del fusto di 4 metri e l’altezza intorno alla trentina.

Appena prima di arrivare alla città, lungo la strada una magnifica ROVERELLA apre la sua chioma intatta sopra un fusto con circonferenza di circa 4 metri.

A Gubbio, nella piazza 40 Martiri c’è un piccolo giardino pubblico con alcuni alberi fra cui due TIGLI. Uno è molto bello, col tronco della circonferenza di circa 4.50 m. A fine Ottobre si possono ammirare le foglie di un giallo luminoso, mentre a maggio è il profumo dei loro fiori ad essere attraente.

Appena si arriva al minuscolo borgo di Cenerente, frazione di Perugia, sulla destra si vede un bellissimo GELSO con la circonferenza del tronco di circa 3 metri. I rami sono stati aiutati a disporsi come i raggi di una ruota, così che formano uno spettacolare ombrello. Il legno del gelso è particolarmente docile e si adatta facilmente. Fino al dopoguerra le foglie dei gelsi servivano a nutrire i bachi da seta e per questo erano piantati un po’ovunque nei campi.

A Ponte Felcino, frazione di Perugia, a qualche metro dall’accesso al viale della scuola di giornalismo, si può vedere uno dei CIPRESSI più grandi e belli, reggersi sul ciglio della strada con parte delle radici in vista. Il tronco ha una circonferenza di 4,5 metri, con un’altezza di 27. Ha 200 anni.

Salendo verso il monte Cucco da Sigillo, a 1000 metri di altitudine, svoltare a destra in direzione della val di Ranco. Nei dintorni dell’albergo ci sono faggi molto grossi e belli, con grandi raggiere di radici fuori terra. Scendendo una ventina di metri per la strada sterrata, dove ci sono le indicazioni per i sentieri, sul pendio a destra si vede il FAGGIO più bello, di 400 anni, col tronco dalla circonferenza di 5 metri e molto basso, probabilmente a causa delle capitozzature che si facevano un tempo. La sua chioma è amplissima, coi rami che toccano terra.

A Castiglion del Lago, dove gli OLIVI crescono anche dentro le mura, le piante sono molto antiche e così belle da essere vere sculture traforate. Sono di piccole dimensioni ma ancora molto fruttifere, del genere elcino.

Prima di Passignano sul Trasimeno, (venendo da Castiglion del Lago), c’è l’imbocco della superstrada e l’indicazione per Passignano. Occorre invece prendere la strada più a sinistra, senza indicazioni, per arrivare dopo una cinquantina di metri, all’inizio di un viale di CIPRESSI di tre chilometri che porta alla Villa del Pischiello. Si può percorrere per ammirare i severi alberi, di cui qualcuno più che centenario. I cipressi sono spesso usati come frangivento, che proteggono dunque i campi grazie alla barriera flessibile che rallenta il vento e gli impedisce di disseccare la terra e danneggiare le colture.

Passando da Orvieto, si può proseguire per Todi e gioire di un panorama bellissimo, lungo il Tevere, dove la vegetazione sempreverde spicca sul calcare marnoso rosa. Più avanti ci sono alberi caducifogli, tra i quali i pioppi bianchi, che sorprendono con la loro grazia delicata.

A Todi si trova un TIGLIO, del 15° secolo, presso il convento di Montesanto, facilmente raggiungibile dal primo parcheggio: 15 metri di altezza e 5 e mezzo di circonferenza. Il tiglio è celebre per i suoi fiori profumati di Giugno, con cui si fanno tisane di sapore gradevole, buone per curare gli spasimi da raffreddamento e da agitazione. La sua corteccia fibrosa (da cui la parola “tiglioso”) serviva per fare cordami.

Nella piazza principale della città di Todi, vicino alla posta centrale, si vede un bel CIPRESSO, piantato forse da Garibaldi, nel giardino di un palazzo storico. Questo tipo d’albero, importato dall’Asia Minore all’epoca etrusca (VII sec. a.c) simboleggia il fuoco del mondo sotterraneo, anche perché il suo legno è imputrescibile, dunque immortale. Lo si può usare per fare mobili dentro cui mettere ciò che si vuole proteggere dalle tarme, grazie all’essenza profumata, piacevole per noi ma sgradita a quegli insetti. Il cipresso a forma di pennello, al quale siamo abituati, è una varietà coltivata con i rami verticali, mentre quello selvatico ha forma ovale, coi rami più aperti. Cresce anche su terreni sterili e resiste bene alla siccità.

Campello sul Clitunno. Altissimi PIOPPI, di almeno 30 metri, si trovano intorno alle fonti del Clitunno. Questi alberi, che prediligono l’acqua, hanno foglie caduche e i semi avvolti nella lanugine che nevica a primavera. Il pioppo nero ha la chioma larga e alta, quello cipressino, tipico del Nord Italia, l’ha stretta al tronco, è di sesso maschile e dunque non dà frutti. All’epoca dell’unità d’Italia il proprietario dei luoghi,  ha voluto creare un ambiente romantico. Questi alberi crescono rapidamente e il loro legno non è molto resistente. Serve per fare carta e fiammiferi perché brucia lentamente. In autunno le foglie diventano di un bel giallo e quando cadono se ne sentono le proprietà balsamiche.

Poco prima di Trevi, in cima ad una collina tutta ulivi, c’è Bovara, dove si trova un OLIVO ultramillenario, quello di Sant’Emiliano. La circonferenza del suo tronco è di 9 metri, l’altezza di 5. Prima di raggiungere la sommità della salita, arrivando dall’abbazia, c’è un parcheggio a destra. Pochi metri più avanti, sulla sinistra, uno steccato lo protegge. Gli olivi qui sono coltivati in modo intensivo per la produzione di ottimo olio, ma sono tutti giovani, salvo lui, perché muoiono a causa delle gelate invernali che capitano ogni tanto.