Alberi monumentali del Veneto, provincia di Verona
Nel comune di Caprino, località Platano, c’è il PLATANO più antico d’Italia, facilmente visibile lungo la strada. Contrariamente alla consueta struttura di questo albero, che solitamente diventa molto alto, questo è relativamente basso, (circa 20 metri) con un tronco dalla circonferenza di forse 12 metri, bitorzoluto e conformato con un’inclinazione che ha consentito la facile scalata a 100 bersaglieri della banda austriaca nel 1937, in occasione di esercitazioni militari. Per questo è chiamato platano dei 100 bersaglieri. Potrebbe avere dai 400 ai 700 anni. Vale la pena di vederlo per la sua forma inconsueta e l’aspetto imponente, nonostante la perdita di alcuni grossi rami.
Nel comune di San’Anna d’Alfaedo, località Ponte di Veja dove c’è un ponte naturale di pietra, in un luogo impressionante, con resti di insediamenti preistorici, ci sono due CASTAGNI di cui uno del tempo di Dante, ma in condizioni pietose per le mutilazioni subite.
Nella bella Malcesine, sul lago di Garda, dove la coltivazione dell’olivo è intensa, ce ne sono di vecchissimi tra cui uno di espressività eccezionale. Salendo a piedi dalla stradina che parte a destra della funivia, la via Saltarino, poco dopo essere diventata un sentiero si vede sulla destra l’albero di almeno 400 anni che ha perso tutta la parte centrale e sembra fatto di due gemelli uno di fronte all’altro, su sinuosi gambi. Si può attraversare tutto il podere e vedere vari altri olivi dalle forme interessanti e poi scendere dalla strada per paier ed ammirarne ancora.
A Cerro (circa 700 m slm) tra il municipio e la chiesa vive uno straordinario ibrido fra una QUERCIA CERRO ed una SUGHERA. E’ infatti sempreverde come la sughera (dalla cui corteccia si ricava il sughero) ma ha le foglie lobate come le altre querce, benché più piccole. Il suo tronco è perfettamente diritto e alto, mentre i suoi rami formano un’armoniosa raggiera come è raro vederne. L’età è di difficile valutazione. Apparentemente dai due ai quattrocento anni (circonferenza del tronco 4 m e diametro della chioma 20). Il paese, originariamente si chiamava Alfena, cambiato in Cerro nel 500, forse a causa della presenza di quel tipo d’albero, che però si chiama quercus crenata, molto raro. Mantiene le foglie verdi sui rami fino a primavera, poi se ne spoglia e verso maggio mette quelle nuove.
Quattro chilometri prima di Erbezzo, a circa 1000 m. slm c’è un gruppetto di case coloniche in località Chiomati. Sul prato dietro di loro un ACERO DI MONTE di oltre cent’anni, bellissimo anche per la sua posizione solitaria. Nel prato sottostante, poco prima di raggiungere le case, un NOCE più o meno coetaneo, di aspetto altrettanto solenne. L’acero ha foglie palmate e frutti che sembrano insetti alati, grandi come libellule. Il noce ha una corteccia facile da riconoscere, quando è adulto, perché è fatta a lunghe placche di un grigio molto chiaro con solchi scuri. Le foglie sono relativamente grandi, di un ovale più largo verso l’apice e di un verde leggermente bronzato che si distingue agevolmente fra gli altri.
Da Erbezzo, prendere la strada che sale verso le malghe e, quando si vedrà sulla sinistra una strada secondaria che sale, seguirla fino alla seconda casa che si trova, a malga Dardo, a 1370 m slm. Lì lasciare il mezzo e continuare seguendo il sentiero in costa per circa 500 m fino a trovare, appena un po’ più in basso e rivolti verso Erbezzo due magnifici, enormi FAGGI, col tronco di 6 m di circonferenza e almeno 200 anni d’età. Uno aveva due tronchi e ne è rimasto solo uno. I faggi hanno piccole foglie ovali di un bel verde vivace e una fine corteccia grigia.
Se invece di salire a malga Dardo si scende verso malga Derocon, si trova lungo la stradina un bellissimo FAGGIO di misure ed età simili a quelli già citati. Si può proseguire fino alla malga che è un parco a pagamento, aperto da Aprile a metà giugno e da metà settembre a metà ottobre solo la domenica fino alle 17. Da metà giugno a metà settembre apre tutti i giorni con lo stesso orario.
Dopo Montorio, nel paese di Mizzole c’è un FRASSINO dentro una cappella, coi rami che escono attraverso la grata. Sembra fosse stato piantato nel seicento in onore di santa Eurosia che aveva protetto gli abitanti dalla peste. Quando l’albero sembrava ormai morto e si era deciso di tagliarlo, questo era invece rifiorito. Così è rimasto. Quello attuale, però dovrebbe risalire agli anni ’40 del novecento. Il frassino ha foglie pennate e seghettate, frutti alati in grappolo.
Nel pieno centro di Verona, vicino alla piazza delle erbe, c’è una piazza con due nomi, più il nome popolare. Si chiama piazza Viviani nella parte davanti all’ex palazzo delle poste e piazza indipendenza nella parte alberata. La gente, però, la conosce come piazza delle poste. Nella parte alberata, due bellissimi GINKGO BILOBA di oltre 200 anni, alti una ventina di metri. All’altra estremità della piazza, un altrettanto degno e coetaneo PLATANO. I due ginkgo sono maschi. La maggior parte degli alberi è ermafrodita ma alcune specie hanno sessi separati. E’ il caso degli antichissimi ginkgo, la cui specie è arrivata indenne attraverso gli sconvolgimenti dell’era giurassica. I maschi si riconoscono già a primavera quando le loro infiorescenze cadono a terra dopo aver sparso il polline a mezzo del vento verso le eventuali femmine. Queste ultime fanno frutti simili a piccole prugne color grigio rosato. Se le si lasciano marcire a terra puzzano molto. In oriente le mangiano e lo stesso fanno con i noccioli. I platani sono fra gli alberi decidui (che perdono le foglie in inverno) più grandi che abbiamo in Italia, insieme ai pioppi.
Appena entrati nel giardino Giusti, si vede un bel CIPRESSO di cinquecento anni, col tronco dalla circonferenza di circa 4,5 metri, piantato probabilmente quando l’elegante giardino sempreverde è stato realizzato.
Sulla collina di Verona, appena entrati nel parco delle colombare, si prende il sentiero che scende a destra della casa del custode. Appena il sentiero risale, si trova un amplissimo GELSO che potrebbe avere due o trecento anni, dal gran tronco e dai lunghissimi rami, mai tagliati per dare le foglie in pasto ai bachi da seta. Per questo sono cresciuti fino a doversi di nuovo appoggiare a terra, dopo un bell’arco.
A Volargne (comune di Dolcé) lungo l’Adige davanti a villa Giulia c’è un vecchissimo CIPRESSO che non assomiglia agli altri alberi della sua specie. Anzitutto perché è relativamente basso, dato che gli manca la punta, poi perché ha enormi rami orizzontali, del tutto inconsueti, che lo fanno assomigliare ad una Tuja. Inoltre non ha la chioma compatta e chiusa, ma aperta e a macchia. E’ probabilmente un cipresso del tipo originario dell’Italia, che in Toscana chiamano cipressa proprio per la sua apertura.
A Corte Pietà, podere del comune di Sona, c’è un enorme BAGOLARO in cattive condizioni e certo vecchio di vari secoli. Questo tipo di albero è molto robusto e frugale con foglie lunghe e seghettate, frutti a sferetta come quelli del tiglio.