Quando le formiche si alleano con gli alberi
Nelle savane, dove di acqua ce n’è sempre meno, le acacie sono fra i pochi alberi a resistere, con l’avanzare della stagione asciutta. Affondano le radici a grandi profondità nel terreno, per trovare l’umidità necessaria alla sopravvivenza. Le loro foglie verdi, allora, sono tanto ricercate dagli animali tormentati da fame e sete, che i poveri alberi rischiano di esserne completamente spogliati e morire. Le lunghe spine non bastano a difendersi e certe specie, quando si sentono mordere, cercano di renderle immangiabili riempiendole di amaro tannino. L’Acacia cornigera si allea con le formiche. Sono milioni di anni che i minuscoli insetti attaccano chiunque si avvicini alle fronde delle loro protette, che siano bruchi, coleotteri o mammiferi, perché in cambio ne ricevono un’ottima ospitalità e cibo, in forma di nettare emesso vicino alle foglie proprio per loro, che fanno un buco alla base delle grosse spine dove si rifugiano, al sicuro dai predatori. Questa simbiosi si chiama domazia.
Arriva la sera e la temperatura cala. Si alza il vento e fra le acacie si odono suoni come di flauti. Gli indigeni che per sbaglio sono ancora da quelle parti, fuggono spaventati, perché quello è un luogo tabù, dove dicono che gli spiriti si riuniscano per suonare. Solo gli stranieri rimangono, incuriositi. Si avvicinano alle acacie, dove le note lievi e diverse fra loro, sorgono qua e là. Allora capiscono. È il vento, che entrando dai fori negli alloggi delle formiche, suona la sua canzone.
Nella foresta amazzonica, dove ogni sorta di pianta vive in un fitto intreccio con le specie più diverse, ci sono zone in cui è una sola a prosperare, la Duroia irsuta, mentre tutt’intorno le altre soffrono. Gli indigeni, non trovando altra spiegazione, hanno chiamato quei luoghi “giardini del diavolo”. Si tratta, invece, dell’opera di formiche della specie Myrmelachista schumanni, che vivono dentro l’albero meglio che in qualsiasi altro, proteggendolo dagli erbivori e dalle colleghe formiche taglia-foglie. Per ottenere un simile risultato, le formiche uccidono tutti gli altri alberi iniettando alla base delle foglie l’acido formico che di solito usano come antiparassitario o arma contro i nemici. Le colonie che arrivano fino a tre milioni di individui si installano, così, dentro gli steli cavi della duroia, perpetuandosi per centinaia d’anni. Anche in questo caso ottengono un nettare emesso all’ascella delle foglie, che pare crei dipendenza e addirittura influenzi il comportamento delle formiche.
Anche nelle zone desertiche dell’Australia, dove il cibo e l’acqua scarseggiano, varie formiche si sono alleate con certi tipi d’alberi per ottenerne il nettare emesso alla base delle foglie, in cambio della difesa dell’albero dagli erbivori o altri insetti. Le formiche myrmecocystus immagazzinano questo nettare nella pancia, gonfiandola fino alla grandezza di un acino d’uva, poi si appendono al soffitto del loro rifugio, da dove le compagne prelevano la quantità di cui hanno bisogno. Uno degli alberi che li rifornisce è l’australiana Acacia aneura, detta mulga, che ospita le formiche vicino alle proprie radici sottoterra. Gli aborigeni, però, danno loro la caccia per mangiarsele, perché sono squisite e nutrienti.
Questo articolo è presente nel mio libro ANIMALI -favolose storie vere