Spine di gleditsia, di maclura, di poncyrus
In autunno come a primavera c’è un albero dalla chioma di un bel giallo brillante, che si fa notare in qualche giardino pubblico: lo spino di Giuda Gleditsia triacanthos. I troppo buoni devono pur difendersi, per non essere sopraffatti e così, le gleditsie si sono fatte crescere lunghi aculei riuniti in gruppi, che rendessero difficile agli erbivori del lontano passato, quando erano molto diffusi, spogliarli delle foglie e dei dolci frutti. Sono americani come le robinie e appartengono alla famiglia delle acacie, i famosi alberi delle savane in Africa. Come tutte le piante che hanno per frutti dei baccelli, dall’erba medica ai piselli e al carrubo, hanno radici che vivono in simbiosi con batteri specializzati nella trasformazione dell’azoto catturato dalle foglie, indispensabile elemento per respirare e per la costruzione delle proteine in ogni vivente, ma che deve essere elaborato per essere assimilabile. Viene utilizzato dagli alberi e accumulato anche nel terreno che così diventa più fertile. Ogni primavera si riempiono di fiori gialli e profumati, che piacciono enormemente alle api. In quel periodo l’albero è tutto un ronzio. Dopo l’impollinazione si formano grossi legumi marroni, con una polpa dolce che avvolge i semi. Nella varietà sunburst, le giovani foglie sono di un giallo brillante, per poi inverdirsi durante l’estate e ingiallire di nuovo in autunno, prima di cadere a terra. Si adattano anche a condizioni difficili su terreni duri e per questo sono usati per rendere belle e ombreggiate le strade, consolidandone i margini con le loro potenti radici, con specie coltivate che spesso non hanno le spine. I nativi americani mangiavano i loro frutti e li facevano fermentare per ottenere la birra. Servivano anche come medicinali, contro le artriti reumatoidi e certi tipi di cancro. I semi si potevano tostare come per il caffè.
Dagli Stati Uniti viene anche un piccolo albero molto più raro, che è stato importato in Europa nell’ottocento, quando i gelsi, le cui foglie nutrivano i bachi da seta, erano stati colpiti da una malattia che sembrava dovesse decimarli e si erano cercati alberi alternativi, quali la maclura Maclura pomifera. La si nota quando si vedono sulle femmine in autunno i frutti del colore e dalle dimensioni di pompelmi, ma con una buccia che sembra essere fatta di piccole sfere come le more dei gelsi, di cui è parente. Quando si è risolto il problema della moria di gelsi e di bachi da seta, il cui allevamento era importantissimo per l’economia di allora, la maclura è stata utilizzata per fare siepi invalicabili, viste le lunghe spine di cui è dotato il suo legno resistente ed elastico, che per questo è ottimo nel resistere al vento, ma sta bene unicamente dove abbonda il sole.
Spine temibilissime sono anche quelle del cinese Poncyrus trifoliata, un tipo di arancio amaro che è commestibile solo in marmellate, liquori o spezia e che contrariamente agli altri agrumi generalmente sempreverdi con piccole spine, perde le foglie in inverno. Anche questo alberello è ottimo per siepi invalicabili ma è usato anche come portainnesto per altri agrumi, data la sua resistenza al freddo e alle malattie.
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